Il primo uomo - Recensione

Lo scrittore Jean Cormery torna alla patria d’origine, l’Algeria. Siamo nel 1956 e il paese è diviso dalle tensioni tra mussulmani e francesi. Adattato dall’omonimo romanzo incompiuto di Albert Camus, è un viaggio nella memoria privata e collettiva, che grazie a un montaggio sempre fluido ed efficace, indaga nel passato per capire il presente, e restituisce verità alle conseguenze, umane e politiche, di un antico e sfacciato colonialismo. Una messa in scena tradizionale, che predilige placidi carrelli all’immediatezza della camera a mano, e trova nei bravi attori, dei complici sensibili, su tutti Jacques Gamblin e Catherine Sola. Una fotografia dai toni caldi, che impreziosisce il lavoro di un Gianni Amelio, che con caparbia perizia e grande professionalità, dà anima e corpo ad un film dalla lunga e tormentata produzione. Il regista torna ai livelli, tecnici e umanistici, de “Il ladro di bambini”, realizzando un’opera elegante, che fa riflettere ed emoziona. VOTO 7+

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