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Visualizzazione dei post da 2009

Il nastro bianco - Recensione

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Palma d’oro a Cannes, il film di Michael Haneke (da vedere Funny Games, Niente da nascondere) è un rigoroso esercizio di stile, fotografato in uno splendido bianco e nero. Ambientato nella Germania del Nord, negli anni antecedenti la prima guerra mondiale, racconta la storia di una comunità rurale apparentemente perfetta, in cui misteriosi accadimenti, portano a galla ciò che le convenzioni sociali nascondono: il Male (morte, incesto, aborti,..). Un meccanismo da thriller, in cui non conta scoprire il colpevole, ma le origini dell’odio che genera mostri. Il registra prosegue la sua lucida analisi dell’umana crudeltà, sposando uno stile visivo che ricorda Bergman, in un racconto povero (volutamente) di emozioni, ma intenso, poetico e superbo nella forma. VOTO 8

Nemico pubblico - Recensione

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Michael Mann questa volta decide di raccontare la storia di John Dillinger, interpretato da un bravo Johnny Depp, e confrontarsi con un genere classico, il gangster movie; ovviamente a modo suo, cambiandone i limiti, variandone i tempi, contaminandolo. Il regista prova una strada nuova ma più tortuosa, scegliendo di riprendere temi e luoghi classici in un moderno digitale, di raccontare l’azione (rapine, evasioni, fughe) con l’algida precisione del cronista e non con l'epica da romanziere. Una narrazione in continuo equilibrio, che rischia di scontentare tutti, lo spettatore che cerca adrenalina troverà la noia, il cinefilo tutti i difetti del digitale: l’invasiva camera a mano, l’immagine che salta e oscilla. Ne esce un’opera che vive di contrasti, con meno azioni e più sens-azioni, forse più coraggiosa, che riuscita. Un film "sospeso", come il giudizio. Compiaciuto esercizio di stile o moderna rilettura di un genere? Ai posteri l’ardua sentenza... VOTO 7+

UP - Recensione

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Un protagonista ultrasettantenne, temi ponderosi, meno gag e più poesia. Ormai è chiaro che i film Pixar sono pensati più per gli adulti che per i bambini, questo non è un limite, ma anzi un valore aggiunto, i primi possono permettersi di volare ancora con la fantasia grazie ai cartoni animati, i secondi hanno la possibilità di crescere confrontandosi con temi e personaggi più interessanti rispetto alla media delle attuali produzioni animate. Si ride e si piange, tra mirabolanti avventure e sequenze struggenti, valorizzate da un 3D senza effettacci, usato non per far uscire oggetti dallo schermo, ma per far "entrare" lo spettatore nel film. Un film, da mettere tra le "cose da fare" con i propri bimbi, uno dei pochi che trasmettono dei valori. Cosa chiedere di più? VOTO 7+

Bastardi senza gloria - Recensione

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Tarantino ritorna ad "usare" il cinema, soprattutto quello di genere, plasmandolo a sua immagine; la novità sta nel fatto che qui adatta al suo stile anche la Storia (quella con S maiuscola), contrapponendo ebrei e nazisti, come se fossero due bande rivali, e dove i primi sono bastardi quanto i secondi. Quentin non ha mai sofferto di blocchi creativi, e complice il sacro fuoco della passione cinefila, da sfogo ad una libertà d’invenzione che meraviglia, commuove e fa sorridere. Tarantino colleziona citazioni (Sentieri Selvaggi, Vogliamo Vivere) e omaggi (Morricone), con la spontanea sincerità di un bimbo con la mano nel vaso delle caramelle, realizzando un’opera che sfugge ad ogni etichetta. Il regista ci consegna un altro grande film, ma il tempo ce lo restituirà per quel che è: un capolavoro. VOTO 8,5

District 9 - Recensione

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Da 20 anni gli alieni sono atterrati nel cielo sopra Johannesburg, gli umani li hanno rinchiusi in un ghetto, per questioni di sicurezza, ma chi è la vittima e chi il carnefice? Se l’inizio sembra l’ennesimo omaggio ai B-movie di fantascienza o al massimo una metafora lineare sull’immigrazione, ben presto si rivela una solida satira sociale, che intreccia fantasy e impegno politico, e più si procede nel racconto più niente è come sembra, e le convinzioni dello spettatore vengono continuamente messe in discussione. Ottimo intrattenimento, che offre più spunti di riflessione di un qualsiasi film da Festival. Un esperimento, a basso budget, pienamente riuscito, che mescola vari stili di ripresa: camera a mano, documentario e inquadrature tradizionali. Prodotto da Peter Jackson e già cult movie. VOTO 7+

Basta che funzioni - Recensione

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Dopo la parentesi europea, Allen torna a Manhattan, riappropriandosi del suo“vecchio” cinema-monologo che ne fece le fortune negli anni 70. Protagonista un alter ego del regista, Boris (Larry David), un genio incompreso, misantropo, pessimista e iconoclasta, che si diverte nel trattare male amici, donne e bambini, ma che si rivela anche insicuro, ansioso e soggetto ad attacchi di panico. Un personaggio, che offre all’autore lo spunto ideale per raccontare, con verve dissacrante, le miserie esistenziali del mondo d’oggi, in cui regna il caos, e dove niente più sorprende: basta che funzioni. Dialoghi smaglianti e battute da manuale, si ride (spesso) e ci si diverte (molto), per un Allen che torna alle origini; non tra i migliori, ma da vedere. VOTO 7

Baaria - Recensione

Dopo lunga lavorazione, Tornatore ci consegna il suo personale Amarcord, dedicato al paese d’origine, Bagheria, appunto. Settant’anni di Storia, si snodano in un colorato microcosmo siciliano, in cui non manca nulla: amore, morte, guerra e nostalgia come se piovesse, il tutto ripreso dal regista con mano sicura, che però sembra più mossa dal mestiere che dall’arte. Grande uso di gru e carrelli a giustificativo dell’alto budget, e un montaggio frammentario che risulta funzionale ai siparietti dei famosi cameo (Bellucci, Placido, ecc), ma inadatto ad un film corale (Altman docet), impedendo allo spettatore di empatizzare con i troppi personaggi, men che meno con i due protagonisti: più volenterosi che bravi. L’emozione spesso latita, la noia sovente si palesa. Tornatore era forse distratto dai troppi ricordi, e il risultato ricorda i compiti a casa, ben fatti, ma poco ispirati. VOTO 6+

Il mio vicino Totoro - CULT

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Film d' animazione giapponese del 1988 che racconta la storia di due sorelline, Satsuki e Mei, che per stare vicine alla madre malata, si trasferiscono col padre in un paesino di campagna. Costrette a confrontarsi con un nuovo ecosistema, e col dolore, avranno l’occasione di crescere in simbiosi con gli affetti familiari e la Natura. Non fatevi ingannare dall’essenzialità del plot, in parte autobiografico, dietro alla fiaba vi aspetta un viaggio spirituale nell’onirica poesia di un artista. Finalmente dopo 21 anni (sic) viene distribuita in Italia una delle pellicole fondamentali della filmografia di Hayao Miyazaki , premio Oscar per “ La città incantata ” nel 2002 e Leone d’oro alla carriera nel 2005; forse il più importante cartoonist vivente!!! Il lungometraggio conferma le costanti poetico-formali del regista: i teneri colori pastello, la bellezza della biosfera, l’innocenza dell’infanzia, tra sequenze evocative (l’attesa dell’autobus) che svelano un racconto formativ

Ponyo sulla scogliera - Recensione

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Dalle profondità del mare emerge una pesciolina rossa rimasta intrappolata in un barattolo di vetro, che viene soccorsa e liberata da Sosuke, un bimbo di cinque anni. La gratitudine della pesciolina, che Sosuke battezzerà col nome di Ponyo, si trasformerà in un’affettuosa amicizia. Un racconto di crescita, alla scoperta del mondo, attraverso le ali della fantasia di un bambino, e piccolo grande gioiello diretto da quel genio di Hayao Miyazaki , che omaggia “La sirenetta” di Andersen attraverso la lente della sua poetica. Una favola dall’ animazione morbida, dai delicati colori pastello, che ricorda i cartoni animati dell’infanzia, ma non è certo prevedibile e banale. Non lasciatevi ingannare dalla forma, che par essenziale, siamo di fronte alla creazione di un universo complesso. Il grande regista giapponese ripropone gli elementi genuini della sua cifra stilistica, come nel rapporto tra uomo e natura o nel fondersi di terra e mare, emozionando. Curiosi i riferimenti all'er

Il curioso caso di Benjamin Button - Recensione

Mai fu così labile il confine tra arte e commercio, tra capolavoro e ruffianata: evidente la volontà del regista, con il consueto e maniacale rigore formale, di realizzare il primo, quanto palese l’impegno di produzione/sceneggiatura nel costruire la seconda. A favore della prima tesi c’è l’ambizioso tentativo di Fincher di creare una malinconica favola sul tempo e la memoria, ma anche una delicata riflessione su vita e morte, supportato da un intenso Brad Pitt, una brava Blanchett, e una mirabile tecnica, che grazie alla perfezione del make-up e agli innovativi effetti speciali, regala preziosi momenti di magia cinematografica. Ad avvalorare la seconda tesi, lo sceneggiatore Eric Roth, che adatta il racconto inserendo troppi riferimenti dal suo script più famoso, Forrest Gump, impressionante il numero di similitudini: il candido protagonista, la sua inconsapevole presenza in importanti momenti della Storia USA (meglio se guerre), l’amore impossibile per un artista (di là cantante qui

Wall-e - Recensione

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Wall-e è l'ultimo robot rimasto sulla terra dopo che gli umani l'hanno abbandonata perchè invasa dai rifiuti, si sono dimenticati di spegnerlo e lui da 700 anni continua a comprimere e ammassare rifiuti. definire wall.e un cartone animato è riduttivo, perché va oltre certi schemi del genere; la pixar, lontana dall’adagiarsi su caratteri e situazioni di routine, conferma come prioritari della sua filosofia creativa, la storia e i personaggi, valorizzati da una continua ricerca narrativa, paradossalmente mettendo quasi in secondo piano la straordinaria componente tecnica, in assoluto, nell’animazione 3d, la migliore al mondo. basti vedere la perfezione con cui la tecnica di ripresa, cita e omaggia, la 70mm panavision della fantascienza anni 70, per avere degli incontrollabili brividi cinefili. la prima parte è quasi totalmente muta, nonostante ciò riesce a trasmettere la pura magia del cinema, immagini potenti al servizio della fantasia, e la bellezza e il romanticismo di un’o