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Visualizzazione dei post da febbraio, 2012

Hugo Cabret - Recensione

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Martin Scorsese si conferma maestro, capace ancora di sorprendere, con questa favola per cinefili, densa di citazioni, che diventa profonda metafora e poetica riflessione sulle relazioni tra uomo-macchina-cinema-sogno-vita. Negli ingranaggi di un mondo-macchina, un bimbo dickensiano cerca di far funzionare un automa, ma solo una chiave a forma di cuore…potrà riuscirci, e solo un regista con la sua cinepresa può tracciare con le immagini, le linee dei sogni e creare la magia. Una proiezione, non solo filmica, della "fabbrica dei sogni", che “usa” la macchina da presa per un omaggio a storia e tecnica della settima arte, quella passata, con dissolvenze e piani sequenza, e quella futura, con carrellate in CGI e un 3D meraviglioso. Magnifica la scenografia di Ferretti/Lo Schiavo, che enfatizza le soavi geometrie di Parigi e stupisce per la cura dei dettagli, con la stazione ferroviaria. A volte gli slanci affettivi di Scorsese hanno il sopravvento e la “citazione emotiva” rub

Margin Call - CULT

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E’ notte, e siamo negli ultimi piani di un grattacielo di New York. Negli uffici deserti e asettici di una banca, un gruppo sparuto di analisti e speculatori valuta i numeri del mercato finanziario, e si accorgono di essere seduti su una nave che sta affondando. Il loro istituto bancario poggia su azioni virtuali che in pochi giorni non varranno più nulla. E’ necessario prendere delle decisioni veloci e pratiche, ma poco etiche…perché niente sarà come prima. Esordio nel lungometraggio del regista J.C. Chandor ; da subito, noi cinefili, abbiamo capito che era uno da tenere d'occhio, per il suo stile classico e asciutto. Margin Call è un film a basso budget, che però può contare sulle solide interpretazioni di attori noti quali Kevin Spacey , Jeremy Irons , Demi Moore e Stanley Tucci . Lo script si sviluppa nell'arco di sole 24 ore, ed è stato giustamente candidato agli Oscar 2011. E’ una sceneggiatura lucida e ben scritta, con dialoghi colmi di tecnicismi eppur compren

The Iron Lady - Recensione

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La sopravvalutata regista Phyllida Lloyd, che aveva già diretto la Streep in “Mamma mia!” gioca al biopic, con conseguenze nefaste. Per raccontare un personaggio così spigoloso e poco amabile, si opta per il racconto in soggettiva, ma la scelta della Thatcher che ricorda la Thatcher, si rivela ben presto più furba che ragionata; se da un lato enfatizza la drammaturgia, dall’altro ammorbidisce l’aspetto storico/politico, e banalizza quello etico, vedi guerra delle Falkland. Lo sguardo confuso, debole e soprattutto ambiguo, sia di regia, che di sceneggiatura, affonda in un mare di ricordi sbiaditi, appiattisce e sbanda verso una mediocrità disarmante. Brava Meryl, il cui lavoro sulla vocalità meriterebbe una visione in lingua originale, ben fatto il trucco, ma non bastano a salvare un film noioso. La Streep e la Thatcher sono destinate alla storia, il film a un inesorabile oblio.            VOTO 5