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Visualizzazione dei post da maggio, 2012

Scarface - Cult

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Film del 1983, diretto da Brian De Palma , su sceneggiatura cruda di Oliver Stone , e remake dell’omonimo film del 1932, diretto da Howard Hawks e Richard Rosson. Nel 1980 sbarcano ben 125.000 cubani in Florida, tra cui molti carcerati, causa: la politica anti-americana di Castro; tra loro, Tony Montana (Al Pacino) , lo sfregiato, ufficialmente "rifugiato politico", di fatto, criminale in carriera. L’ambientazione di Miami, tra immigrati cubani e boss del narcotraffico, da subito rende netto il contrasto tra comunismo e capitalismo. Tony, rozzo e di umili origini, è un personaggio “bigger than life”, estremo e violento, insegue un “sogno americano criminale”, il cui motto è “the world is yours” , tradotto, da lui, in “mi prendo il mondo e tutto quello che c’è dentro”. Vero e proprio simulacro, dell’impero economico costruito, la cafonissima villa, monumento al tamarrume pop-déco, il cui ingresso, volutamente, sembra il palco di un teatro, su cui si sta per recitare una t

Cosmopolis - Recensione

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Un cinico Cronenberg firma un’opera atipica e logorroica, in cui la cifra stilistica dell’autore è meno evidente del passato, ma sicuramente più coerente e onesta del precedente “A dangerous method”. Un cinema, forse meno visionario, che apparentemente abbandona ogni mutazione carnale, per poi scoprire che la nuova evoluzione da essere umano a mostro, è più sottile, esteticamente elegante, ma non meno terrificante. Eric Packer (Robert Pattinson), miliardario arricchito con la speculazione finanziaria, viaggia attraverso una città in subbuglio, con la sua lunga limousine hi-tech, in uno statico on the road, solo per aggiustarsi il taglio di capelli. Packer è un freddo calcolatore, anche nella vita privata, analizza con lo stesso lucido distacco, gli sbalzi del mercato azionario, il suo matrimonio lampo, e la tensione sessuale provocata da un esame prostatico. Attorno a lui, gravitano una serie di personaggi, smaniosi di raccontarsi, interpretati da ottimi attori: Juliette Binoche, Sa

Molto forte, incredibilmente vicino - Recensione

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Il giovane Oskar Schell (Thomas Horn), perde il padre Thomas (Tom Hanks) nell’attentato alle torri gemelle dell’11/09/2001, rimasto solo con la madre Linda (Sandra Bullock), troverà una misteriosa chiave, che darà nuovamente senso alla sua vita. Tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, il film è diretto dal regista inglese Stephen Daldry (The Reader),   che con mano sicura, dirige con eleganza visiva e cura dei dettagli. Onore al merito al grande Max von Sydow, candidato all’Oscar per questa parte, che con pochi gesti, alza il livello qualitativo del film; peccato rimanga in scena per poco. Manifesta la volontà di storia e regia di puntare al cuore dello spettatore. Il problema è che lo fanno in maniera sfrontata, calcando spesso la mano sul melodramma, e cercando la lacrima facile.

Shining - Capolavoro

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Jack Torrance (Jack Nicholson), scrittore a corto d’ispirazione, si offre come custode dell’Overlook Hotel, durante la chiusura invernale. Porta con sé la moglie Wendy (Shelley Duval) e il piccolo Danny (Danny Lloyd), che, come scopre il cuoco Hallorann (Scatman Crothers), possiede lo “Shining“, ovvero capacità extrasensoriali e telepatiche. L’atmosfera claustrofobica, e la maledizione che grava sull’albergo, porteranno, però, ben presto orrore e follia. Il film del 1980 , è tratto dal terzo romanzo di Stephen King , “The Shining”, pubblicato nel 1977. King non ha mai gradito la visione di Kubrick, che spoglia la storia da umanità e speranza, rendendola meno spettacolare e più mentale. Jack Nicholson regala un’interpretazione estrema, spesso sopra le righe, mentre Shelley Duval, spronata dai continui rimproveri del regista, riesce a rendere tutta la fragilità del suo personaggio. La storia vira verso la follia, dalla scena in cui Wendy scopre che il marito, non sta scrivendo un roma

Akira - Cult

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Lungometraggio d'animazione giapponese del 1988 , e puro anime cult, tratto dall’omonima serie di fumetti manga, pubblicata dal 1982, e disegnata dallo stesso regista, Katsushiro Otomo . Progetto dai costi proibitivi (1 miliardo di yen), basti pensare che per la realizzazione è stata creata una apposita società denominata Akira Committee, che fondeva più studi per un totale di 1.300 animatori. Il film è ambientato 31 anni dopo la terza guerra mondiale, nella Neo-Tokio del 2019 (stesso anno di Blade Runner). La città è una metropoli ricostruita dopo l’olocausto, mancano 147 giorni alle olimpiadi, e la polizia deve sedare rivolte, tenere a bada ribelli, fanatici religiosi e bande rivali di motociclisti, a quest’ultime, appartengono Kaneda, leader del gruppo, e Tetsuo, timido e insicuro. Un incidente li farà entrare in contatto con un ente segreto, che cattura Tetsuo, e lo usa come soggetto del test Akira, le analisi a cui è sottoposto, scoprono che la sua aurea, può svelarne il

L’arte di vincere – Recensione

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Ispirato ad una storia vera. Siamo nel 2002, Billy Beane (Brad Pitt) è il General Manager di una squadra di baseball californiana, gli Oakland Athletics,   che, rimasti senza soldi, devono però costruire il nuovo team. Beane decide di affidarsi alla matematica, e complice un obeso nerd, laureato a Yale (Jonah Hill), acquisterà i giocatori che nessuno vuole, affidandosi al responso delle analisi statistiche, convinto che la somma di più talenti, può sostituire un campione. Candidato a sei Oscar, compreso miglior film, NON è il solito film “sportivo” sul logoro schema, perdita-vittoria-riscatto, bensì, grazie all’intelligente sceneggiatura di Sorkin (The Social Network) e Zaillian (Schindler's list) diventa una lode per chi ha il coraggio di pensare “diverso” e insegue con forza le proprie idee. Abile la regia di Bennett Miller (Capote), che passa ¾ di film chiusa in uno stadio, evitando i soliti luoghi comuni, e dando più spazio a chi sta dietro le quinte, e non a chi è sul campo

Dark shadows - Recensione

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Il film è tratto dall’omonima serie TV andata in onda, sull’ABC, dal 1966 al 1971. 1772, Barnabas Collins (Johnny Depp), colto dalla maledizione di una strega (Eva Green), viene trasformato in vampiro e sepolto “vivo”. 1972, la tomba viene aperta, Barnabas si trova in un mondo molto diverso, torna a casa, trovandovi nuovi eredi e vecchi problemi. All’ottava collaborazione, la rinomata ditta Burton-Depp, ci consegna un film tecnicamente buono, con scenografie, costumi e make-up capaci di valorizzare le sontuose costruzioni visive: un sunto dell’estetica burtoniana, che però nulla aggiunge all’universo immaginifico del regista, spogliato della poesia/magia delle opere migliori. Una sceneggiatura pasticciona, che accumula troppi temi (sesso, amore e morte), generi (horror, commedia, grottesco), mostri (streghe, licantropi, fantasmi, vampiri), e qualche tempo morto….finendo per rendere alcuni personaggi inutili (Roger Collins-Jonny Lee Miller) o perdendone di vista altri, che sono centr

Chronicle - Recensione

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Il teen-movie incontra il mockumentary, che incontra il cinecomic. Diretto dall’esordiente Josh Trank, e scritto da Max Landis (figlio di John), è un esperimento interessante, ma dalle basi poco solide. La sceneggiatura è il punto più dolente, parte da uno scontatissimo MacGuffin (l’incontro ravvicinato alieno), mette insieme tre protagonisti stereotipati, ovvero, lo sfigato timido, lo sportivo di successo, l’infelice in amore, e per darsi un tono, spara qualche, estemporanea, citazione colta (Schopenauer, Jung e Platone), cadendo nel ridicolo. Degni di nota, invece, l’idea della telecamera come filtro protettivo verso un mondo iniquo, ed il contrasto, realistico, tra le immagini ruvide della videocamera e gli effetti speciali, low budget, ma spettacolari. Lo straordinario che piomba nella quotidianità, crea un concreto senso d’identificazione nello spettatore, che si chiede “cosa farei al posto loro?”. Altra domanda: è un caso che quando il più fragile dei tre neo-supereroi, capisc

Toro scatenato - Capolavoro

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Ispirato alla storia vera del campione di boxe, Jake La Motta, detto appunto “Toro scatenato”, è ambientato a New York tra il 1941 e il 1964, tra i flashback e i flashforward di una parabola esistenziale, violenta e autodistruttiva. Girato in bianco e nero da Scorsese, dopo il fiasco di “New York, New York” e su insistenza di De Niro; il regista lo diresse con volontà di riscatto, dimostrando tutte le sue abilità: tecniche e artistiche. Sin dall’incipit in slow motion, è un piacere per gli occhi : un ring fumoso, illuminato dai lampi di vecchi flash, su cui un figura, tagliata a metà dalle corde, saltella in un crescendo musicale, la Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni. Da subito, quindi, Scorsese dichiara di voler sfruttare le potenzialità espressive della piattaforma di lotta, gli incontri sono pochi, ma ben dosati nell’economia dell’opera, e dal forte impatto visivo. Il regista, rappresenta lo stato emotivo del protagonista attraverso il ring, che si fa ampio e luminoso, qua

Blade Runner - Capolavoro

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L’ex poliziotto Deckard (Harrison Ford), viene richiamato in servizio, per eliminare “quattro lavori in pelle”, ovvero replicanti sfuggiti al controllo di chi li ha progettati, la Tyrell Corporation. Deckard scoprirà che il confine tra umano e automa non è poi così marcato, vedi il rapporto con Rachel (Sean Young), e che i fuggitivi, più che uccidere, vogliono vivere. Attraverso i riflessi su un occhio a tutto schermo, scopriamo una Los Angeles del futuro (2019) , multietnica e caotica, solcata da luci, grattacieli dalle forme simboliche (a piramide) e fiamme sputate verso una notte, che minaccia una pioggia acida. L’iride ritorna subito protagonista nella scena dell’interrogatorio, stavolta però filtrata da una telecamera, l’una dipende dall’altra, e viceversa. Alla sua uscita, nel 1982 , fu un flop commerciale, tanto che gli stessi Ford e Scott, anche a causa delle tensioni scaturite da una lavorazione problematica, per molti anni si rifiutarono di parlarne. Fortuna volle che di

Il primo uomo - Recensione

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Lo scrittore Jean Cormery torna alla patria d’origine, l’Algeria. Siamo nel 1956 e il paese è diviso dalle tensioni tra mussulmani e francesi. Adattato dall’omonimo romanzo incompiuto di Albert Camus, è un viaggio nella memoria privata e collettiva, che grazie a un montaggio sempre fluido ed efficace, indaga nel passato per capire il presente, e restituisce verità alle conseguenze, umane e politiche, di un antico e sfacciato colonialismo. Una messa in scena tradizionale, che predilige placidi carrelli all’immediatezza della camera a mano, e trova nei bravi attori, dei complici sensibili, su tutti Jacques Gamblin e Catherine Sola. Una fotografia dai toni caldi, che impreziosisce il lavoro di un Gianni Amelio, che con caparbia perizia e grande professionalità, dà anima e corpo ad un film dalla lunga e tormentata produzione. Il regista torna ai livelli, tecnici e umanistici, de “Il ladro di bambini”, realizzando un’opera elegante, che fa riflettere ed emoziona. VOTO 7+

Velluto blu - Capolavoro

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Lumberton, il paradiso dei tagliaboschi, dove le ore sono segnate dai tonfi degli alberi e non succede mai nulla, e persino i pompieri passano sorridenti e salutano al ralenti. Finché Jeffrey ( Kyle MacLachlan ) scopre in un campo un orecchio umano reciso, diverrà il passaggio per un altro mondo, in cui il giovane, trascinato da un curioso voyeurismo, incontrerà la cantante di club, e masochista,   Dorothy Vallens (Isabella Rossellini) e il sadico, violento e drogato Frank Booth ( Dennis Hopper ), ma anche Sandy ( Laura Dern ), di cui s’innamora. Scritto e diretto da David Lynch nel 1986 , trae il titolo dall’omonima canzone di Bobby Vinton, e segna la prima collaborazione del regista con Angelo Badalamenti, la cui musica, in alcuni struggenti crescendo, ricorda quello che poi sarà il main theme di “Twin Peaks”. Un opera insolita, un oggetto bizzarro nel panorama cinematografico anni 80, tanto che in America, il suo produttore, De Laurentiis, fu costretto a fondare una società per

Hunger - Recensione

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1981. Prigione di Long Kesh. Irlanda del nord. Bobby Sands è uno dei prigionieri dell’IRA, che protesta fino allo sciopero della fame, per vedersi riconosciuto lo status di prigioniero politico. Come anticipato (vedi qui ), è arrivata nei nostri cinema l’opera prima (2008) del regista Steve McQueen, come per il suo film successivo “ Shame ”, anche qui il protagonista è Michael Fassbender, che si ritrova a prestare arte, ma soprattutto corpo, in una performance fisica notevole. McQueen ha uno stile asciutto, che non fa sconti a nessuno, e adotta più punti di vista, che segue con obiettivo rigore: quello di un agente, di un neo-detenuto e del protagonista, che entra in scena dopo mezz’ora, quasi a sottolineare che in carcere tutti sono uguali, vittime e carnefici.

Il castello nel cielo - Recensione

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Arriva finalmente nelle sale italiane, distribuito da Lucky Red,   questo film del 1986, e prima opera dello studio Ghibli (fondato nel 1985). Nei personaggi e nelle situazioni, ricorda molto una delle poche serie TV del regista, il bellissimo “Conan, il ragazzo del futuro”, ma non si tratta di riproduzione, bensì di coerenza stilistica e intellettuale, infatti anche questa volta, il maestro giapponese Miyazaki, con i suoi disegni manuali color pastello, meraviglia e piace sia a bambini che adulti. Un racconto d’avventura classico, che porta con sè i temi cari all’autore, in primis la condanna del potere, quello industriale, i cui ingranaggi tolgono umanità alle persone, quello scientifico, retto dall’avidità umana, e quello tecnologico, che ha senso solo se al servizio della natura, come dimostra la scena in cui il robot salva il nido d’uova. La natura, appunto, l’altro tema principale, a cui il regista esprime tutto il suo amore, disegnando il romantico fluttuare delle nuvole, l