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Visualizzazione dei post da aprile, 2011

Kick ass - Recensione

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Un mix & match di cultura pop e violenza pulp, che stupisce per toni (sboccati), contenuti (scorretti) e per l’irriverente dinamismo, con cui prende a calci nel sedere gli schemi dei cinecomics. Un film, che proprio come il suo protagonista, trionfa grazie alla Rete: campione di download illegale e fonte di polemiche sui network americani per colpa dei suoi folli personaggi, eticamente ambigui e dal grilletto facile, tra cui spicca la memorabile Hit Girl. Meglio la prima parte da teen-comedy, che la seconda, più action e con ovvio riscatto, unite dalla spettacolare sequenza animata, disegnata da John Romita Jr. Un’opera eccessiva e a tratti sconcertante, ma anche vitale e attualissima, perché nell’era del WEB 2.0, basta un po’ di solitudine e un nickname, per diventare (super)eroi per caso. VOTO 6,5

Un gelido inverno - Recensione

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In una zona rurale tra i Monti Ozark, nel Missouri, prevalgono la violenza e l’omertà della più depressa e spietata provincia americana: una desolazione ambientale e umana, mostrata con estremo realismo, grazie ad una rigorosa messa in scena. Girato in digitale da una regista, Debra Granik, che, non a caso, riserva un ruolo chiave a tutte le figure femminili del film: se gli uomini rappresentano la causa, le donne ne sono il conseguente effetto/affetto, nonché fonte di riscatto. Protagonista, e assoluta rivelazione, Jennifer Lawrence, la cui risolutezza nei modi, la lucida fierezza nello sguardo e la forza di volontà, finalizzata alla sopravvivenza, colpiscono nel profondo; da segnalare anche la performance dell’intenso John Hawkes. Un dramma potente e disperato, che si dipana con passo lineare, ma inesorabile, evitando di scivolare in facili pietismi o nel melenso, un pugno nello stomaco dello spettatore, a cui viene svelata un’America, ben diversa dalle consuete immagini pat

Il grinta - Recensione

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Siamo nel 1870, Mattie Ross, una determinata e tenace ragazzina di soli 14 anni, vuole vendicare la morte del padre, per farlo ingaggia un ufficiale dell’esercito, ormai alcolizzato, ma ancora bravo con la pistola, a cui si aggiunge un cacciatore di taglie. Ottima fotografia, dell’immancabile Roger Deakins, e sorprendente cast, in cui svetta l’inedita e bravissima Hailee Steinfeld (Mattie), un Jeff Bridges (il grinta), un po’ troppo gigione, e un Matt Damon, sempre volenteroso. Per nulla intimoriti dal confronto con l’omonimo film del ’69 con John Wayne, i Coen portano sullo schermo una storia ricca di elementi classici e dalla progressione lineare, riscritta però, con brillante creatività, e condita con il consueto humour nero, che la rendono meno prevedibile e un po’ spaghetti-western. Una versione più moderna, con meno atmosfere crepuscolari e più ironia, che omaggia il genere, con poche, ma buone, concessioni all’epica, come nella suggestiva cavalcata notturna, sovrastata da un

127 ore - Recensione

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Un solo personaggio in un solo ambiente, un esercizio di stile che richiede molta abilità per poter “riempire” i 90’ minuti del film: cosa buona e giusta in questi casi, è lavorare di fino sulla sceneggiatura, sul protagonista, sulle azioni e le conseguenze della sua vita al limite; questo però, viene fatto solo in piccola parte. Un istrione dell’immagine come Danny Boyle, dovendo scegliere tra forma e sostanza, ha ovviamente optato per la prima, dando libero sfogo a tutto il suo virtuosismo tecnico e artistico: eccedente uso di split screen, scontati ralenti, e un uso funzionale/strumentale di una musica a dir poco eclettica, spesso troppo invasiva; se a questo si aggiunge pure una delle migliori scene della storia del cinema di product placement…Una buona fotografia, un ottimo James Franco e le scene dei ricordi di famiglia (che suonano false e poco coinvolgenti), purtroppo non bastano a sopperire all’ego smisurato del regista, che invece stempera le emozioni di una storia vera, c

Il cigno nero - Recensione

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Una sceneggiatura scontata che non risparmia nessuno dei luoghi comuni del genere: la danzatrice classica che aspira al ruolo da protagonista, una madre ex-etoile che riversa su di lei le frustrazioni di una carriera fallita, l’ex-prima ballerina in declino, l’amore con il coreografo, la rivale più bella, il riscatto finale. Non aiutano nemmeno le debordanti ambizioni filosofiche del regista, che uniscono materiale di cattivo gusto: gratuite scene lesbo, effettacci horror, scontati simbolismi con inattesi sprazzi di vero cinema: Aronofski muove con grande maestria la mdp a spalla, catturando tutta l’emotività della mirabile interpretazione di Natalie Portman, e il finale, in crescendo, non lascia certo indifferenti. Un’opera che mischia con troppa disinvoltura melò, thriller, musical, horror, e che lascia lo spettatore con troppi dubbi: è una potente riflessione sulla mutazione dell’identità nella società moderna o un eccessivo e pretenzioso saggio? Innovativo cinema d’autore o clam