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Visualizzazione dei post da 2008

Burn after reading - Recensione

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Tornano i terribili fratelli coen, con una nuova spassosa e intelligente commedia degli equivoci in cui tutti tradiscono tutti e le risate, come sempre nelle loro opere, convivono con la violenza e la tragedia. ad una superficiale visione il film può sembrare l’ennesima parodia (ben fatta) sulle spy-story e un mero divertissement d’autore, una lettura più approfondita invece lo rivela come una satira caustica e impietosa sulla società contemporanea, fotografata nei suoi mali ormai cronici: la perdita di valori, la progressiva e inesorabile decadenza dei rapporti umani, il futile e ossessivo culto dell’immagine, a cui i personaggi aggiungono una virulenta idiozia che – e i registi lo sanno – genera caos. sapienti gag, dialoghi fulminanti (su tutti quello finale di j.k. simmons), un montaggio veloce, attori (divertenti e divertiti) in gran forma: malkovich, clooney, pitt, swinton, mcdormand, guidati da un impeccabile regia, fanno del film un piacere per gli occhi e per la mente. per c

Un giorno perfetto - Recensione

Ozpetek per il suo nuovo film mette in scena la cronaca crudele di una famiglia distrutta e di una tragedia annunciata, raccontando la storia di Emma e Antonio, coniugi separati, la cui passione ha ormai lasciato il posto ad un violenta ossessione. la novità è che per la prima volta Ozpetek porta sullo schermo un soggetto non originale, tratto dal romanzo di Melania Mazzucco; se questo da una parte gli permette di dirigere una storia con struttura, personaggi e situazioni nuove rispetto alle opere precedenti, dall’altra lo costringe a confrontarsi con un testo lontano dalla sua personale e autoriale sensibilità. il regista dirige il tutto, sin dall’inizio, con il massimo impegno, con lunghi piani sequenza stretti, inesorabili e carichi di presagi, aiutato dai bravi protagonisti (Mastandrea, Ferrari) e da comprimari di lusso (Sandrelli, Finocchiaro, Guerritore) confermandosi ottimo direttore d’attori anche con i bambini. Le buone intenzioni non bastano per fare un buon film, e purtropp

Persepolis - Recensione

Teheran, 1978. la bimba marjanne vive serena con dei genitori permissivi e una nonna saggia, indossa i jeans, adora bruce lee e ascolta la musica punk; ma a breve l’iran passerà dalla permissiva dittatura dello scià alla presa di potere dell’ayatollah khomeini che ben presto sfocia nel fondamentalismo religioso: la musica viene messa al bando, i jeans lasciano il posto al velo e la libertà alla persecuzione. come se non bastasse si entra in guerra con l’iraq, cominciano i bombardamenti, e nulla più sarà come prima…….. tratto dall’omonima e biografica graphic novel "cult" di marjanne satrapi, e diretto da lei insieme a vincent paronnaud, il film animato in 2d in un funzionale bianco e nero, è sia racconto storico che personale. strutturato a flashback, disegnato e girato con espressionismo naif e scritto con magico minimalismo, riesce a mantenere un perfetto equilibrio tra dramma e commedia, come quando la protagonista usa l’ironia come unica arma possibile per sopravvivere

Non è un paese per vecchi - Recensione

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Dopo un’incursione poco convincente nella commedia con prima ti sposo, poi ti rovino e Ladykillers, i fratelli Coen tornano con un film tratto dall’omonimo romanzo di Cormac Mccarthy, rispolverando i cardini della loro poetica-formale e il loro inconfondibile stile in cui alternano houmor nero, personaggi surreali, violenza e feroce ironia. La struttura narrativa del film ricorda quella di Fargo, ma anche il noir sanguinolento di Crocevia della morte, con la provincia americana scossa nel suo torpore da una serie d’efferati omicidi, causa scatenante l’umana avidità. la storia si trasforma ben presto in una caccia tra gatto e topo, in cui l’anti-eroe Llewelyn (un perfetto Josh Brolin) si ritrova braccato da un killer psicopatico dalla pettinatura a caschetto (un grande Javier Bardem) mentre lo stanco e confuso sceriffo (uno straordinario Tommy Lee Jones) con disincanto s’interroga su un mondo che cambia ed in cui non si riconosce più. Le interpretazioni di tutto il cast sono strepito

Lo scafandro e la farfalla - Recensione

Jean-Dominique Bauby, caporedattore di Elle Francia, all’apice della carriera viene colpito da un ictus, che lo paralizza dalla testa ai piedi; con il corpo prigioniero come in uno scafandro troverà il modo di comunicare con il mondo esterno con l’unica parte risparmiata dalla malattia: l’occhio sinistro, un battito di ciglia come il battere d’ali di una farfalla per far volare i suoi pensieri. Già dall’incipit, capiamo che il regista Schnabel, pittore prestato al cinema, vuole sfruttare in maniera creativa le possibilità stilistiche del linguaggio cinematografico, così lo spettatore, da subito, si ritrova colpito da una luce accecante in soggettiva, tra inquadrature sghembe, frenetiche visioni sfuocate, suoni ovattati e voce fuori campo, scopre di guardare con gli occhi del protagonista, e di essere costretto a provarne l’angoscia claustrofobica per almeno 30 lunghi minuti, fino al limite del sopportabile, e quanto basta per far sorgere un forte e negativo pregiudizio. Quando il prot

Sweeney Todd - Recensione

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Tornato nella londra dell’800 dopo 15 ingiusti anni di prigione, Sweeney Todd (Johnny Depp) vuole uccidere il giudice che lo aveva condannato, colpevole anche di aver causato la morte della moglie e di aver circuito la figlia facendola diventare sua pupilla, incontrerà Mrs Lovett (Helena Bonham Carter) che da brava commerciante renderà proficua la follia del suo nuovo amante, spiegandogli che la vendetta va servita su un piatto……caldo. Sweeney Todd va ad aggiungersi, insieme a Ed Wood, Jack Skeleton e Edward mani di forbice, alla galleria di reietti infelici ma bisognosi d’amore di Tim Burton e del suo cinema visionario, che anche in questa occasione stupisce per la fantasiosa e fantastica messa in scena, grazie alle straordinarie scenografie di Dante Ferretti, giustamente premiate con l’Oscar, e alla fotografia di Dariusz Wolski, che decolora le immagini dando al film una luce funerea che esalta il rosso del sangue. Burton sfida se stesso e la sua poetica girando il suo primo mus

Il petroliere - Recensione

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A scanso di equivoci fughiamo subito ogni dubbio svelando che “Il petroliere” non è la consueta epopea del west dal respiro epico, ma bensì un film d’autore, troppo spettacolare per essere d’essai e troppo ruvido per piacere alle masse, e se proprio si deve paragonare ad un genere più che al western si farebbe riferimento all’horror, più che a “Il gigante” di  George Stevens a “Shining” di Kubrick, di cui il bellissimo incipit muto e inquietante ne è un chiaro omaggio. Tratto dal romanzo "Oil!" di Upton Sinclair e diretto da Paul Thomas Anderson (Magnolia, Boogie Nights), il film, che in superficie può sembrare l’ennesimo saggio sul sogno americano diventa presto un incubo, raccontando la discesa agl’inferi di Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis), un self-made man di inizi ‘900 che sfruttando la credulità della gente, insegue la ricchezza, ma verrà soprafatto da misantropia e avidità, ritrovandosi solo senza passato ne futuro.  Anderson, purtroppo non sempre riesce, come i

Into the wild - Recensione

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A 22 anni, Christopher McCandless (interpretato da un bravo Emile Hirsch), decide di abbandonare famiglia e sicurezze materiali per intraprendere un viaggio solitario nella selvaggia America, alla ricerca di se stesso e con un’unica meta fisica, l’Alaska. Sean Penn dirige questo splendido film con il cuore, e si capisce subito come sia stato colpito nel profondo dal personaggio e dalle sue motivazioni. Per raccontare la complessa miscela di tematiche affrontate, il regista adotta uno stile che riprende e ripesca a piene mani dall’immaginario americano: l’autostop, gli hippie, la vita on   the road alla Kerouac e la splendida ma crudele natura, in cui Christopher troverà il suo tragico destino. A fare da contrasto agli enormi spazi, il vuoto affettivo del protagonista, che Penn riprende anche nelle sue contraddizioni idealiste, nello sfrenato individualismo e negli eccessi di arroganza. Non a caso le persone che incontra nel suo vagabondare: gli hippie, una ragazza che si innamora di

4 mesi, 3 settimane, 2 giorni - Recensione

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Una giornata all’inferno e ritorno per due studentesse universitarie rumene. Nel 1987 in pieno regime Ceausescu, Otilia e Gabjta, affitano una stanza d’albergo, scopriremo però strada facendo che l’azione nasconde il dramma di un aborto, proibito dalla legge, pena il carcere. Il regista, macchina a spalla, insegue le sue protagoniste riuscendo a catturarne benissimo gli stati d’animo, costruendo un ritmo e una tensione, claustrofobica e angosciante, da thriller. Ne esce la foto impietosa e la condanna per una società disumanizzante, ottusa e meschina, come nel piano sequenza d’antologia dell’ assurda cena a casa del fidanzato, in cui la coscienza di Otilia, che è quella universale, soffoca nell’indifferenza e nel qualunquismo di un paese reso cieco dal buio della tirannia, che avvolge, anche la protagonista, nel drammatico peregrinare per liberarsi del feto. Cristian Mungiu, adottando uno stile simile ai Dardenne, che insieme a lui pescano a piene mani dal nostro neorealismo, riesc

Io sono leggenda - Recensione

Siamo nel 2012 in una New York ormai “vera” giungla d’asfalto, un virus ha annientato la razza umana trasformandola in vampiri/zombie, unico sopravvissuto è Robert Neville (Will Smith), che combatte la solitudine con la compagnia del suo cane e nella disperata ricerca di un antidoto. Tratto dal bellissimo romanzo del 1954, scritto da Richard Matheson, un libro di cui consiglio la lettura e che avvince e appassiona dall’inizio alla fine, a differenza del film.   Non è certo facile costruire una storia su un solo personaggio, il regista Francis Lawrence lo fa aiutato dal divo più potente di Hollywood, da una scenografia incredibilmente realistica e da effetti speciali (finalmente) dosati con parsimonia, intrattenendo in maniera intelligente per tutta la prima parte del film e creando un crescente clima d’angoscia e tensione che riesce nel difficile doppio intento di stupire ed emozionare. Per quasi un’ora, il solido equilibrio tra forma e sostanza regge, illudendoci che un blockbuster p

Lussuria - Recensione

Ancora una volta Ang Lee torna con una storia di forti sentimenti, e come nei suoi precedenti film il protagonista assoluto è il conflitto tra ragione e sentimento, qui ambientato in Cina, nella Shangai anni 40, occupata dai giapponesi. Se si supera la troppo lunga e fredda parte iniziale, in cui l’inesperta Resistenza cinese e le interminabili partite a Mahjong, riescono a sfinire anche la pazienza dello spettatore più cinefilo, si giunge al cuore del film, la parte più emozionante. Aiutato da due attori straordinari, la cine-icona Tony Leung e la debuttante Tang Wei, il regista mette in scena una partita a due, in cui i ruoli di preda e cacciatore si scambiano di continuo, ma i protagonisti scopriranno loro malgrado che giocare con la passione può essere molto pericoloso. Senza censure le scene di sesso, cariche di violenza e passione, in cui posizioni ginniche e incastri inguinali, fondono i corpi in un quadro di carne, a cui il regista riserva inquadrature strette mantenendo però