Quando c'era Marnie - Recensione


L’adolescente Anna, brunetta irrequieta e sofferente d’asma, viene mandata dagli zii con casa in riva al mare. Qui conosce Marnie, biondina misteriosa con cui intreccia un rapporto tanto amicale quanto morboso. Sarà l’occasione per fare i conti con le ombre del proprio passato. 12 anni, un’età difficile e di passaggio, sospesa a un filo fragile che oscilla tra ingenuità e maturità, eppure respinge entrambe, suscitando instabilità emotiva e confusione, che spesso sfociano in scarsa autostima. Il film è una summa di tutti gli elementi ricorrenti nei “cartoni” della celebre casa d’animatori giapponesi: lo spettro come deus ex machina emotivo che sviscera l’interiorità della protagonista, un modus vivendi in simbiosi con la natura, fusione e specchio ideale dell’animo dell’eroina, ma anche metafora di catarsi, la malattia come chiave d’accensione del coté melodrammatico, il gusto e l’attenzione per i dettagli dall’impressionante fotorealismo. Viene spontaneo chiedersi: nulla di nuovo quindi? Beh una novità c’è, ed è anche importante. A mio avviso, quest’ultimo (speriamo di no…) lavoro dello Studio Ghibli, per tematiche, atmosfere e way of life (il party, la festa paesana stile Halloween, le schiette relazioni sociali, financo il nome del titolo), è forse l’opera “più occidentale” da loro prodotta.

Il regista Hiromasa Yonebayashi, che aveva già diretto lo splendido Arrietty, mette in scena un intenso intreccio di ricordi, frustrazioni e pulsioni represse pronte a esplodere in potenti e raffinati simbolismi, che in taluni passaggi conferiscono alla pellicola dei toni dark, persino ambigui, che stuzzicano la fantasia di chi guarda. E’ presente, e forte, il tema della diversità (ebbene sì, anche sessuale), che si traduce in un placido invito a esser sempre se stessi e a scoprire la propria singolarità, avendo anche il coraggio di non percorrere strade già battute da altri. Tanti i temi e le allegorie: il doppio (le cameriere gemelle), gli opposti che si attraggono (Anna e Marnie), l’incomunicabilità (il pescatore taciturno), inoltre, Marnie rappresenta anche l’infanzia perduta, non a caso è uguale alla bambola che Anna aveva da bambina. Unica perplessità, lo “spiegone” logico-razionale della vicenda fornito nel finale, che pur con la pregevole intenzione di porre l’accento sul valore degli affetti familiari, toglie un po’ di fascino a una trasposizione densa e stratificata. Un’animazione “a misura d’uomo”, dal valore universale, in cui ognuno potrà riconoscere le proprie debolezze, ma anche l’unicità che gli appartiene, attraverso straordinari disegni senza tempo che donano gioia agli occhi, e offrono allo spettatore, del sano cibo per la mente. VOTO 7,5 TRAILER

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