The Imitation Game - Recensione

Seconda guerra mondiale. I paesi Alleati subiscono l'attacco nemico delle potenze dell'Asse, tra cui la Germania. I tedeschi riescono a comunicare in assoluta segretezza, usando il codice Enigma, che manda messaggi crittografati di cui è impossibile carpire il significato. Gli inglesi decidono di formare una task force di matematici e linguisti per la decrittazione di Enigma, un gruppo coordinato da Alan Turing (Benedict Cumberbatch), che riuscirà nell'impresa. Turing cambia così la Storia, e salva milioni di vite, ma poco conta per il suo paese, rispetto alla sua grande “colpa”: essere omosessuale. Una vita che doveva essere raccontata, soprattutto dopo che (solo) nel 2009, il governo inglese ha pubblicamente riconosciuto l'importanza di questo eroico genio.
Un biopic bellico, che segue tre traiettorie narrative (infanzia, Guerra e post conflitto), concentrandosi sulla seconda, e sviluppandosi in modo scorrevole tra salti temporali, grazie a un sapiente montaggio. Sofisticata e vibrante l'interpretazione di Cumberbatch, che regala al personaggio uno spirito così complesso e ambiguo, da renderlo umanissimo. Tutto bene? Purtroppo no. La regia del norvegese Morten Tyldum è piuttosto tradizionale, si faticano a rintracciare in essa elementi di stile e personalità; è come un diligente compitino ben fatto: scontato e scolastico. Una produzione accurata e perfetta per gli Oscar, certo in grado di emozionare, ma una figura così anticonformista avrebbe meritato una direzione più dinamica, vivida e meno accademica. Perché tanta essenziale, e piatta, sobrietà? VOTO 6/7

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