The look of silence - Recensione

Fresco vincitore del Gran Premio della Giuria alla recente Mostra del Cinema di Venezia, "The Look of Silence" è un documentario, ed è la seconda parte di un dittico; la prima era "The Act of Killing", uno dei migliori film della scorsa stagione; entrambi diretti dal regista Joshua Oppenheimer. La storia è la stessa: rintracciare e intervistare gli assassini, che guidati dall'esercito della dittatura, nel 1965 uccisero barbaramente un milione di persone, colpevoli di “essere comunisti”. In questa nuova opera, però, cambiano lo stile visivo e il punto di vista, e a parlare con i responsabili della strage, è Adi Rukin, fratello minore di una delle vittime del massacro.
Sin dal metaforico incipit, con l'incedere lento di due camion dal carico troppo pesante, su una strada piena di buchi, capiamo che il fil rouge che unisce i due documentari è la memoria, e che il passato NON è passato...Da brividi, gli sguardi del silenzio appunto, che Adi scambia con i killer e i loro familiari, che rendono lo spazio gravido di feroci emozioni, paure e di uno straziante smarrimento, ma mai di sensi di colpa. Può quindi esserci perdono senza pentimento? L'indagine diventa anche pericolosa, con minacce mal celate, e rischio di vendette. Un'opera dal profondo valore etico, che scuote anima e coscienza. Quando il Cinema incontra la Storia. Entrambi maiuscoli. VOTO 8

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