Tre colori: Film Rosso - Capolavoro

Ginevra. Una studentessa (Irène Jacob), modella occasionale, una sera investe un cane e lo riporta, ferito, al suo proprietario, il solitario giudice in pensione Auguste (Jean-Louis Trintignant), con l’”hobby” delle intercettazioni telefoniche. Ultimo capitolo della trilogia ispirata ai colori della bandiera francese, e al suo motto: Liberté, égalité, fraternité. Diretto nel 1994 dal regista polacco Krzysztof Kieślowski, purtroppo scomparso prematuramente due anni dopo. Artigiano del cinema (come si definiva lui, ma è riduttivo), e instancabile stacanovista, basti pensare che mentre girava “Film Bianco”, montava “Film Blu” e preparava questo. La regia è fluida e sicura, con qualche virtuosismo, e mantiene uno sguardo lucido che penetra l’intimità dei personaggi (e attori) svelandone l’anima e il mondo affettivo.
Straordinaria la sequenza iniziale con la camera che segue il percorso di un segnale telefonico, dall’Inghilterra a Ginevra, attraverso tubature e fili, metafora di come la tecnologia influenzi la vita, mentre il finale è all’insegna dell’ottimismo e si vedono i protagonisti di “Blu” e “Bianco”. Il regista è un maestro nel disseminare il film di segnali e rimandi puntuali che rimangono nell’inconscio dello spettatore, e di emozionare coi misteri dell’esistenza, i sottili giochi del destino e le spirali della volontà umana. Una lezione di cinema ancora attuale e indimenticabile.

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