Pulp Fiction - Capolavoro

Opera del 1994 e capolavoro assoluto che Quentin Tarantino diresse a soli 31 anni. Palma d’Oro a Cannes e Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale, ma avrebbe meritato di più dall’Academy…Vero e proprio spartiacque e simbolo del cinema anni’90, che riscrive le regole del cinema di genere noir, rivoluzionandone tre elementi: struttura, dialoghi e personaggi. La prima, una grammatica circolare con destrutturazione temporale, che trova nel caos (apparente) creato dall’autore, una conclusione che combacia con l’inizio. Dialoghi logorroici e surreali, che pescano a piene mani dalla cultura pop, e vivono di vita propria, più sono ironici e più sono seguiti da scene di iperviolenza. Stravolge ruoli e situazioni, distruggendoli: gansters impegnati in conturbanti twist, boss sodomizzati, personaggi secondari che diventano protagonisti.
Tarantino inventa, di fatto, un nuovo genere cinematografico: il pulp, appunto, costruito su influenze exploitation, sorretto da monologhi teatrali, figlio di una rilettura cinefila, che cita e si auto-cita e ha nel grottesco il suo stile. Accusato sin dall’uscita di eccessiva violenza, darà vita a svariate (e pessime) imitazioni, rilanciando la carriera di un John Travolta ormai allo sbando. Il cast stellare, può contare inoltre, su un “biblico” (Ezechiele 25:17) Samuel L. Jackson, una sinuosa Uma Thurman, un risolutivo Harvey Keitel (Mr. Wolf!), e che dire di Bruce Willis, Christopher Walken., Tim Roth ..e potrei continuare. Rivisto oggi, sorprende ancora per la padronanza con cui un giovane Tarantino, al suo secondo film, trasforma la parola in immagine, con un geniale virtuosismo tecnico e narrativo, che lascia stupefatti. Epocale.

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