Il grande Gatsby - Recensione

1922. Nick Carraway (Tobey Maguire), agente di borsa squattrinato si trasferisce a Long Island, vicino alla cugina Daisy (Carey Mulligan) e accanto alla villa di Jay Gatsby, misterioso milionario, che passa le serate su un molo a fissare una luce verde al di là della baia. Quale mistero nasconde? Nel romanzo capolavoro di Fitzgerald la liaison tra Daisy e Jay era il pretesto per raccontare la decadenza dei Roaring Twenties, e di un’umanità alla deriva, inconsapevole che la crisi del ’29 avrebbe seppellito il sogno americano, nella “versione Luhrmann” ne diventa il solo fulcro narrativo, svilendo però la densità drammaturgica della materia d’origine. Un adattamento moderno, certo, nella forma (3D, colonna sonora pop), ma più blando nella sostanza.
Volendo allontanarsi dal libro, il film rimane comunque un omaggio folgorante e appassionato a un genere, il melò, che attraverso una visione estetizzante, ne celebra fasti e tecnica, come nelle magnifiche scenografie e negli straordinari costumi, realizzati da Catherine Martin in collaborazione con Prada. DiCaprio, conferma il suo talento, donando al suo personaggio-icona magnetismo e fragilità; risultano invece poco espressivi Maguire (come prevedibile) e Mulligan (che delusione). Un’opera ricca, che dividerà e appassionerà in egual misura puristi ed esteti, con molti spunti e forse troppi stimoli, che ha bisogno di tempo, e una seconda visione, per essere assimilata. Voto 7

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