Lussuria - Recensione

Ancora una volta Ang Lee torna con una storia di forti sentimenti, e come nei suoi precedenti film il protagonista assoluto è il conflitto tra ragione e sentimento, qui ambientato in Cina, nella Shangai anni 40, occupata dai giapponesi. Se si supera la troppo lunga e fredda parte iniziale, in cui l’inesperta Resistenza cinese e le interminabili partite a Mahjong, riescono a sfinire anche la pazienza dello spettatore più cinefilo, si giunge al cuore del film, la parte più emozionante. Aiutato da due attori straordinari, la cine-icona Tony Leung e la debuttante Tang Wei, il regista mette in scena una partita a due, in cui i ruoli di preda e cacciatore si scambiano di continuo, ma i protagonisti scopriranno loro malgrado che giocare con la passione può essere molto pericoloso. Senza censure le scene di sesso, cariche di violenza e passione, in cui posizioni ginniche e incastri inguinali, fondono i corpi in un quadro di carne, a cui il regista riserva inquadrature strette mantenendo però un algido distacco. Lee ritorna all’estetica orientale di “La tigre e il dragone” ma lo stile “patinato” risente della produzione americana, confermandosi regista di talento ma non autore con una sua coerenza poetica e formale. Le emozioni non mancano, ma i troppi registri della storia: melò, thriller, spy-story, bellico, spiazzano e annacquano il risultato. Terribile e triste la morale a chiusura del film. VOTO 6,5

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