Into the wild - Recensione

A 22 anni, Christopher McCandless (interpretato da un bravo Emile Hirsch), decide di abbandonare famiglia e sicurezze materiali per intraprendere un viaggio solitario nella selvaggia America, alla ricerca di se stesso e con un’unica meta fisica, l’Alaska. Sean Penn dirige questo splendido film con il cuore, e si capisce subito come sia stato colpito nel profondo dal personaggio e dalle sue motivazioni. Per raccontare la complessa miscela di tematiche affrontate, il regista adotta uno stile che riprende e ripesca a piene mani dall’immaginario americano: l’autostop, gli hippie, la vita on  the road alla Kerouac e la splendida ma crudele natura, in cui Christopher troverà il suo tragico destino. A fare da contrasto agli enormi spazi, il vuoto affettivo del protagonista, che Penn riprende anche nelle sue contraddizioni idealiste, nello sfrenato individualismo e negli eccessi di arroganza. Non a caso le persone che incontra nel suo vagabondare: gli hippie, una ragazza che si innamora di lui, ed un anziano (un grande Hal Holbrook) soffrono di solitudine e sono alla disperata ricerca di amore. Un grande romanzo di formazione, ricchissimo di spunti di riflessione che citando London, Thoreau e Tolstoj tocca corde profonde, senza paura di essere (e a volte lo è) didascalico. Una grande colonna sonora, di Eddie Veder, che regala brividi e la capacità di questa grande storia di parlare all’anima ribelle di ogni spettatore, completano un piatto già ricco e fanno di Into the wild, uno di quei film da non perdere. Da vedere e portare con sé. VOTO 7/8

Curiosità: Nel piccolo ruolo di una ragazza innamorata di Chris troviamo una giovanissima Kristen Stewart.

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