Io, Daniel Blake - Recensione

Gran Bretagna, Daniel è un vedovo alla soglia dei sessant’anni che, reduce da un infarto, cerca l’aiuto dello Stato per tirar a campare. Una “professionista della sanità” però, nega a Blake il sussidio di disoccupazione, e lo obbliga a cercarsi un lavoro. L’ex carpentiere dovrà scontrarsi con funzionari statali intimidatori e un sistema totalitario che calpesta i suoi diritti. Ken Loach rifà se stesso, e a 80 anni si conferma un maestro dallo stile asciutto e tradizionale, avverso all’evoluzione. La granitica coerenza di un autore da sempre dalla parte dei più deboli è il maggior pregio del film, ma anche il suo più grande limite. Chi conosce le sue opere si ritroverà condotto per strade già battute, e dinanzi a una visione abbastanza prevedibile. Gli schemi, seppur presenti, non ingabbiano il vigore artistico di un regista che non si limita a denunciare ma, da sempre, lotta a muso duro contro la freddezza dei diabolici ingranaggi della burocrazia statale e l’indifferenza sociale.
In quest’opera se la prende pure con la rivoluzione digitale, che “inquina” anche il mondo del lavoro, generando mostri e raffreddando i rapporti umani; e anche la sola pronuncia delle parole “on line”, qui, assume un significato sinistro. Etica e predica convivono in una complice simbiosi, provocando doverose riflessioni e pure qualche rigurgito di buonismo. Elementi che certamente avranno convinto la giuria di Cannes ad assegnare a questo lungometraggio una (eccessiva) Palma d’oro. D’altronde, è impossibile non lasciarsi colpire emotivamente da scene strazianti di quotidiana umiliazione che, sommate a un finale dall’impeccabile rigore formale e testuale, confermano la lacerante poetica di un “artista contro”. VOTO 7  TRAILER



Scheda tecnica
titolo originale I, Daniel Blake
genere  drammatico
anno 2016
nazionalità Regno Unito, Francia
cast Hayley Squires, Natalie Ann Jamieson
regia  Ken Loach
durata 100'
sceneggiatura Paul Laverty

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