Alabama Monroe - Recensione
Belgio. Elise (Veerle Baetens)
e Didier (Johan Heldenbergh), lei tatuatrice, lui musicista bluegrass (un
country, solo acustico), s'innamorano, e vanno a vivere insieme. Dalla loro
unione nasce una bambina, a cui viene diagnosticato un cancro. Elise e Didier
dovranno confrontarsi col dolore e la disperazione, per salvare la loro
famiglia. Film del regista belga Felix Van Groeningen, tratto da un'opera
teatrale, è un cancer-movie che mi ha ricordato "La guerra è
dichiarata" (2011) di Valerié Donzelli, che consiglio di recuperare. La
regia si dimostra abile nello sfruttare un montaggio in continuo viaggio tra
passato e presente, che rende l'impianto drammaturgico meno prevedibile e più
coinvolgente, e alla storia, di non cadere (o quasi...) in facili ricatti
emotivi.
Molto bravi gli attori, affiatati ed espressivi, anche se nella seconda parte, certe eccessive prese di posizione dei personaggi appaiono forzate e grossolane, e le psicologie dei due protagonisti ne risentono. Qualche cliché cine-ospedaliero e/o lacrimosa scena madre, in meno, avrebbero giovato all’economia dell’opera. Non è un mistero che agli scorsi Oscars, “Alabama Monroe”, si sia giocato il titolo di miglior film straniero con la “La grande bellezza”; ora posso affermare che la vittoria del titolo italiano è meritata. VOTO 6,5
Molto bravi gli attori, affiatati ed espressivi, anche se nella seconda parte, certe eccessive prese di posizione dei personaggi appaiono forzate e grossolane, e le psicologie dei due protagonisti ne risentono. Qualche cliché cine-ospedaliero e/o lacrimosa scena madre, in meno, avrebbero giovato all’economia dell’opera. Non è un mistero che agli scorsi Oscars, “Alabama Monroe”, si sia giocato il titolo di miglior film straniero con la “La grande bellezza”; ora posso affermare che la vittoria del titolo italiano è meritata. VOTO 6,5
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