Drive - Recensione

Prima opera sul suolo americano del talentuoso regista danese Nicolas Winding Refn, che per il suo debutto USA sceglie un tradizionale plot da crime-movie, aggiungendo una buona dose di sensibilità europea. Da subito riconoscibile la cifra stilista dell’autore, che propone con perizia, artistica e tecnica, quelli che ormai sono dei marchi di fabbrica, già notati nel sorprendente “Bronson” (assolutamente da recuperare). La violenza che esplode improvvisa, un uso emotivo della musica, preferibilmente anni ’80, da cui ruba il ritmo palpitante dei sinth, portandolo nel montaggio asciutto del film, inseguimenti compresi, mai fracassoni, ma essenziali ed efficaci, e una fotografia lucida, ma non patinata, che illumina una L.A. labirintica e vibrante, come nei migliori film di Michael Mann. Come in “Bronson”, in cui un folle Tom Hardy, ne è il mattatore assoluto, qui l’onore tocca ad un magnifico Ryan Gosling, bravissimo nel creare una maschera fredda, che con poche espressioni e una mimica trattenuta, riesce a svelare, con maestria, le due anime del film e del suo personaggio, quella romantica e quella violenta, l’estrema sensibilità e la rabbia trattenuta. Un opera, che però meritava una sceneggiatura meno debole e più originale, che in certi passaggi soffre di prevedibili schematismi da film di genere, con scarsa attenzione per i personaggi di contorno, vedi il boss interpretato da Ron Perlman o nella figura del marito Standard, di nome e di fatto…meglio tacere poi sul frettoloso epilogo. Una coraggiosa trasferta americana per Winding Refn, riuscita in parte, con una storia non all’altezza di regia e cast, ma come c’insegna il film, anche gli eroi sono esseri umani, e quando sbagli, devi scegliere altre strade. VOTO 6,7

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