Enter the void - Recensione

Il ventenne Oscar e la sorella minore Linda vivono a Tokyo. Lui è un pusher, mentre lei lavora come lap-dancer in un strip-club, finché lui non viene ucciso in un imboscata; ma quella che sembrava la fine, si rivela un inizio. Già dai furiosi e psichedelici titoli di testa, effetto allucinogeno, lo spettatore è aggredito e provocato. Seguono due ore e mezza, quasi tutte in soggettiva “estrema” (lo schermo si annerisce quando il protagonista chiude le palpebre), con piani sequenza interminabili, e ripetitivi voli pindarici di camera a gru, su una Tokyo all’acido (colorata, ma tetra), in cui la macchina da presa vola sopra i personaggi come l’anima fluttuante del defunto. Come non bastasse, il montaggio colleziona immagini crude: zoomate immersive su feti abortiti, orge luminescenti, penetrazioni che fondono anima e coito (sic!), davvero troppo….Un opera coraggiosa ed esteticamente potente, ma fragile nell’impianto narrativo, spesso non all’altezza dei temi forti trattati, eccessiva e complessa, a tratti affascinante, più volte disturbante. Destinata a far discutere e a diventare un cult, a causa/per merito della perversa arroganza del suo regista, l’argentino Gaspar Noé, a cui non manca il talento, ma il senso della misura. VOTO 6/7

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