La bussola d'oro - Recensione

Com’è ormai tradizione, anche questo Natale approda sul grande schermo una storia fantasy dalle più o meno nobili origini letterarie (Philip Pullman); rispetto però ai suoi illustri (Il Signore degli Anelli ) o orribili (Eragon) predecessori è sicuramente diversa e insolita, con qualche importante novità. Si tratta di una favola adulta, molto psicologica, che in superficie sfoggia i consueti effetti speciali ma che all’origine affronta temi più complessi, come il pensiero libero qui contrastato dal Magisterium, o la Verità delle cose di cui è portatrice la bussola del titolo, tutto filtrato dagli occhi ancora puri e innocenti dei bambini, la cui anima, qui rappresentata dai Daimon, è ancora libera e in continuo mutamento. Tralasciando il discorso sui possibili attacchi alla chiesa cristiana che il racconto celerebbe e concentrandosi sul film, c’è da dire che le alte premesse svaniscono insieme alle prepotenti ambizioni, e nelle mani del regista Chris Weitz, quello di American Pie (sic!), la leggerezza prevale sul respiro epico, qui assente, e la cura dei paesaggi digitali va a scapito dell’approfondimento dei personaggi. Un film freddo, come gli attori, in testa Nicole Kidman e Daniel Craig, che rimangono una bella scenografia ma riescono nell’impresa di farsi rubare la scena da un orso digitale; la bimba (Dakota Blue Richards) è funzionale alla storia. Un’occasione sprecata. VOTO 5/6

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