Ritorno a l'Avana - Recensione
Cinque amici si
ritrovano dopo anni su una terrazza dell’Avana. Una rimpatriata con l’obiettivo
di festeggiare il rientro di Amadeo, tornato in patria dopo 16 anni a Madrid.
Sarà l’occasione per ricordare i vecchi tempi, ma anche per rivivere speranze, sogni,
e illusioni infranti nel mito della rivoluzione. Un film di chiara origine
teatrale, ambientato quasi tutto nella stessa location, e dai fittissimi
dialoghi, vera e propria ossatura narrativa dell’opera. Il regista francese
Laurent Cantet, Palma d’Oro a Cannes nel 2008 per “La classe”, nel titolo
originale (ritorno a Itaca) aveva azzardato una citazione letteraria, l’isola
greca, luogo primario dell’Odissea di Omero, come simbolo ideale di utopia,
nostalgia e del ritorno.
Le diverse origini culturali di Cantet gli permettono
di mantenere la giusta distanza, e di non perdersi in proclami politici; ma ha
anche l’arguzia di evitare i luoghi comuni di una Cuba da turismo, offrendoci
un punto di vista ristretto ma originale. Nel dipingere i caratteri dei cinque
protagonisti, a volte si scivola in qualche cliché, e in più di un’occasione l’impianto
teatrale sembra imbrigliare le indubbie doti visive dell’autore, ma bastano
alcuni magistrali, quanto intensi, primi piani, per insinuare nello spettatore
una struggente empatia, ed emozionare. Una storia dal sapore amaro, ma anche la sensibile
e partecipe messa in scena di realistici percorsi umani, in cui sarà facile
ritrovare un po’ di se stessi. VOTO 6,5
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