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Visualizzazione dei post da dicembre, 2011

The Artist - Recensione

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Ascesa e caduta di un divo del muto anni '20, George Valentin (Jean Dujardin), charmant e dotato di sorriso sfavillante, viene però travolto dall'avvento del sonoro, e schiacciato da un ostinato orgoglio, cade in disgrazia, sarà sostituito dalla giovane Peppy Miller (Bérénice Bejo), neo star, con cui ha uno sfuggente flirt. Non solo omaggio, ma vero e proprio film muto, sia nel formato 4:3, che nelle didascalie a supporto dell’assenza di dialoghi. Un progetto ambizioso, a rischio calligrafismo, diretto però con passione e cura per il dettaglio dal francese Michel Hazanavicius, che con elegante leggerezza e ironico brio sfugge le trappole del melò grazie anche al comparto tecnico di prim’ordine: l’ intenso bianco e nero della fotografia, musiche che enfatizzano le emozioni e un uso intelligente del sonoro. Una pellicola permeata di raffinata nostalgia e vivace espressività, piena di felici intuizioni, che ricorda Charlie Chaplin, ma anche l’Orson Wells di Quarto Potere. Un ci

Enter the void - Recensione

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Il ventenne Oscar e la sorella minore Linda vivono a Tokyo. Lui è un pusher, mentre lei lavora come lap-dancer in un strip-club, finché lui non viene ucciso in un imboscata; ma quella che sembrava la fine, si rivela un inizio. Già dai furiosi e psichedelici titoli di testa, effetto allucinogeno, lo spettatore è aggredito e provocato. Seguono due ore e mezza, quasi tutte in soggettiva “estrema” (lo schermo si annerisce quando il protagonista chiude le palpebre), con piani sequenza interminabili, e ripetitivi voli pindarici di camera a gru, su una Tokyo all’acido (colorata, ma tetra), in cui la macchina da presa vola sopra i personaggi come l’anima fluttuante del defunto. Come non bastasse, il montaggio colleziona immagini crude: zoomate immersive su feti abortiti, orge luminescenti, penetrazioni che fondono anima e coito (sic!), davvero troppo….Un opera coraggiosa ed esteticamente potente, ma fragile nell’impianto narrativo, spesso non all’altezza dei temi forti trattati, eccessiva e

Midnight in Paris - Recensione

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Gil, sceneggiatore di Hollywood, interpretato da un Owen Wilson che “fa” Woody Allen, cerca ispirazione per un romanzo nella capitale francese, soffocato da una compagna superficiale (la smorfiosa Rachel McAdams), biasimato dagli stolti suoceri repubblicani e denigrato da un intellettuale pedante, a mezzanotte accetta il passaggio di una vecchia Citroen e come per magia si ritrova negli anni '20 della Ville Lumière, incontrando Matisse, Dalì, Picasso, Hemingway, Scott Fitzgerald e un giovane Buñuel, a cui suggerisce la trama de L'angelo sterminatore. Allen nella sua tournée europea (Londra, Barcellona, Parigi) ripropone struttura e personaggi del suo cinema, assorbendo però la sensibilità nostalgica e l’atmosfera retrò del vecchio continente, giocando con l’imponderabile delle due dimensioni: sogno e realtà, passato e presente. Il caustico pessimismo degli ultimi lavori (Basta che funzioni, Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni) lascia il posto a un fiabesco disincanto, che fond