Due giorni, una notte - Recensione
Sandra, giovane
operaia, interpretata dal premio Oscar Marion Cotillard, vorrebbe tornare al
lavoro dopo un periodo di depressione, ma a pochi giorni dal rientro, il titolare
propone ai dipendenti un bonus di 1.000 € in cambio del suo licenziamento.
Sandra, avrà solo il tempo del titolo, per incontrare e convincere 16 colleghi a
rinunciare al premio e a votare a suo favore. I due fratelli belgi, Jean-Pierre
e Luc Dardenne, rispetto alle precedenti pellicole, ci regalano una regia meno
incisiva, ma non per questo minore in termini artistici. La forza del realismo
sposa un linguaggio visivo più canonico, ma sempre permeato da una cifra
stilistica riconoscibile, che “pedina” il quotidiano, sposandolo col più
sincero impegno figlio dell’attualità, e dei nostri magri tempi, in cui anche
la solidarietà viene schiacciata dal capitalismo.
Anche nelle sequenze più intime, vi è l’uso di profondi
simbolismi, che elevano l’opera verso un mood esistenzialista. Tra blocchi
emotivi e dialoghi ossessivi, i Dardenne offrono la loro raffinata visione sulle
infinite variazioni di un tema, che a uno sguardo superficiale, potrebbero
sembrare ripetitive, ma in realtà celano sottili alterazioni, sottolineando così
il travaglio emotivo della protagonista. Col procedere della vicenda, l’oggetto
del contendere non è più il bonus salariale, ma la ricerca di quell’umanità,
sempre più rara, in una società stretta nelle maglie del dio denaro. Non tutto
convince: le parentesi musicali, qualche grossolana caratterizzazione, e un
finale sottotono e didascalico, ma l’arte dei registi, e la capacità di colpire
al cuore sussurrando scomode verità, rimangono robuste e concrete. VOTO 7+
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