In nome di mia figlia - Recensione
Nel 1982 la quattordicenne francese Kalinka Bamberski muore in Germania, dove soggiornava per un weekend con la madre e il nuovo compagno di questa, il dottor Dieter Krombach. Della morte viene avvisato il padre André (Daniel Auteuil), che letto il responso dell'autopsia, e consultati i documenti dell'indagine, nota numerosi elementi strani e inspiegabili. Il genitore denuncia il medico per omicidio. Sarà l'inizio della battaglia di un uomo solo contro tutto e tutti, che combatte con stoica perseveranza le storture della giustizia, e che dinanzi a mille fallimenti, non si arrenderà mai. Sconfinato amore paterno o ossessione? Il film è tratto da una storia vera, un fatto di cronaca nera molto noto in Francia.
La sceneggiatura è costruita sulla linearità temporale degli eventi realmente accaduti, con tanto di date esatte che accompagnano l'introduzione di ogni nuova scena. La regia di Vincent Garenq è propedeutica al racconto, sobria, precisa, mai artificiosa, e procede per elissi senza scivolare in facili pietismi o sensazionalismi. Un film rigoroso quindi, che sfronda il superfluo per dedicarsi, con tatto, all'essenziale. Una narrazione dal ritmo sostenuto, che in soli 85 minuti, racconta oltre 30 anni di storia di una famiglia che non c'è più. Grazie anche a un intenso Daniel Auteuil, che restituisce anima e corpo alla lotta di Bamberski, “In nome di mia figlia” è un thriller asciutto ma denso, che colpisce nel profondo. VOTO 6/7 TRAILER
Scheda tecnica
titolo originale Au nom de ma fillegenere drammatico
anno 2016
nazionalità Francia, Germania
cast Daniel Auteuil, Sebastian Koch, Marie-Josée Croze
regia Vincent Garenq
durata 87'
sceneggiatura Julien Rappeneau, Vincent Garenq
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