Magic in the Moonlight - Recensione
Siamo alla fine
degli anni ’20 e Stanley Crawford (Colin Firth), truccato da cinese, fa il mago
col nome d’arte di Wei Ling Soo. Un amico lo invita in Costa Azzurra, per
aiutarlo a smascherare una giovane veggente americana di nome Sophie (Emma
Stone), che sostiene di parlare con l’aldilà. Riuscirà lo scettico Stanley, con
la sola forza della ragione, a contrastare l’illusoria magia e a svelare il
trucco? Ottimi costumi, suggestive scenografie, dialoghi pungenti e attori che
stanno al gioco, ma non basta…
È un film talmente leggero da sembrar spesso
evanescente, questa nuova pellicola romantico-vintage di Woody Allen, certo non
è mai superficiale, ma lieve, lineare, prevedibile, con un’ironia d’altri tempi
e una regia distesa, che sanno di già visto a ogni inquadratura. Pensando
positivo, la consideriamo una conferma, che forse al 45° film del regista non
serviva, ma di sicuro lo stile, i temi e le ossessioni di un autore, altrove
geniale, rendono il tutto accettabile. C’è pure l’happy end, ma poteva mancare?
Allen rifà se stesso, che rifà le commedie vecchio stile, in un’opera minore,
tanto carina quanto dimenticabile. VOTO 5/6
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