Logan - The Wolverine - Recensione
Siamo nel 2029, e gli X-Men si sono estinti. Gli unici
sopravvissuti sono Wolverine (Hugh Jackman), che fa l’autista di limousine, e il
Professor X (Patrick Stewart) ormai vecchio e malato. Un giorno Logan conosce Laura,
una bambina con dei poteri simili ai suoi, che scoprirà essere frutto di un
progetto di laboratorio dedito a creare una nuova razza di mutanti sintetici. Dopo
diciassette anni dal primo film sugli X-Men, che lanciò la carriera
cinematografica di Hugh Jackman, è giunto il momento per l’attore australiano
di dire addio al personaggio che l’ha reso celebre. Il film è diretto da James
Mangold, già autore del precedente episodio stand-alone dell’uomo dagli artigli
di adamantio. Rispetto alla scorsa pellicola, questa nuova puntata si distingue
per due importanti elementi, rari nei cinecomics di largo consumo.
La prima caratteristica è racchiusa nel titolo, quel
nome proprio che identifica una persona, la sua unicità ma anche le sue
debolezze. “Logan” espone il privato, poco super, di un eroe senza tuta e
pubblico, che si mostra in tutte le sue fragilità. La seconda componente è suggerita dal
(giusto) divieto ai minori di 14 anni. E’ un’opera cruda, dall’esplicita
violenza visiva. Tra teste mozzate che rotolano, e pezzi di corpi che volano,
non mancano momenti gore e splatter. Questa brutale virata di stile aggiunge
realismo a un plot esistenzialista sui generis, ma toglie pathos al definitivo
(?) commiato. Un film viscerale, dalle atmosfere crepuscolari e mortifere, che
segna un congedo artistico e il passaggio di testimone a una nuova generazione
di supereroi. Un western futurista, con tanto di tematica citazione cinefila, e
duello finale deciso da una sola pallottola. VOTO 6+ TRAILER
Scheda tecnica
titolo originale Logan
genere avventura, azione, drammatico, fantascienza, thriller
anno 2017
nazionalità Stati Uniti d'America
cast Hugh Jackman, Patrick Stewart, Richard E. Grant
regia James Mangold
durata 138'
sceneggiatura Michael Green, Scott Frank, James Mangold
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