Lo specchio - Capolavoro
Capolavoro del
1974, diretto dal regista russo Andrej
Tarkovskij. Storia: Aleksei, sul
letto di morte, ricorda la sua vita passata, rievocando due momenti speculari:
la propria infanzia con madre e sorella, dopo che il padre era andato in guerra,
e se stesso adulto, che si è separato dalla moglie e dal figlio. Film ermetico e autobiografico, che ha il
potere di creare una visione soggettiva, evocando significati profondi. Il
regista sfida la percezione cinematografica, con una narrazione sospesa tra
sogno e realtà, priva di linearità temporale e unità spaziale. Addirittura alcuni
personaggi diversi sono interpretati dagli stessi attori (!); ma non si tratta
di un vezzo. L’attrice Margarita Terekhova incarna sia la moglie sia la madre,
per evidenziare il forte complesso edipico, e il medesimo bambino impersona l’autore
e suo figlio, per porre l’accento sulla simmetria situazionale. Un cinema
poetico, ma anche idealista e filosofico, che mescola ricordi privati, eventi
storici e fantasie. Uno stile filmico a tratti contemplativo, in cui la camera
si muove con lunghe carrellate esplorative, spesso suscitando dense emozioni
positive. Si alza il vento e porta ricordi, come nell’ultima animazione di Miyazaki,
l’immagine si apre sovente su statici piani sequenza di una natura pacifica e
incontaminata, che diventa paesaggio dell’anima. Attraverso l’inclusione
d’immagini documentaristiche, inoltre, parla anche delle sofferenze di un
popolo, succube di un sistema totalitario, e di come vivesse con la paura di
sognare un cambiamento, vedi la scena nella tipografia, che serve a
descrivere uno stato d’animo, e non un episodio reale.
Il regista semina la pellicola d’indizi che, se colti,
servono da guida nella “navigazione a vista” di questa splendida opera. Prestate
attenzione al cambio di fotografia: a colori, quando parla della moglie, in
bianco e nero quando la protagonista è la madre, mentre è proprio quella reale
che appare nel finale! A sostegno del piano di lettura-interpretativo, vi sono
inoltre dei ricorrenti simbolismi: il fuoco (l’anima), un uccello (traslazione
dei sentimenti), il latte (l’infanzia), il colore blu (l’interiorità, sia
razionale che spirituale). E ora azzardo un parallelo non da poco, perché tutte
queste allegorie sono presenti anche nell’intera filmografia di David Lynch
(!); qui mancano giusto le tende rosse, ma ne “Lo specchio” ve ne sono MOLTE,
di altro colore… La valenza è però la stessa: sono gli ideali portali tra
sogno, visione e reale. E lo specchio? Così come senza la nostra immagine
riflessa non vediamo le nostre orecchie, senza questo film non puoi rivedere te
stesso e la tua vita, raggiungendo un nuovo livello nella conoscenza di se. Quando il cinema è arte.
P.S. 1: Tarkovskij dichiarò: “L’immagine
artistica è di per sé espressione della speranza, grido della fede”*, non a
caso, il film si apre con l’affermazione “Io possi parlare!” e si
chiude con un urlo liberatorio. *Andrej
Tarkovskij, Diari. Martirologio, Edizioni della Meridiana, Firenze 2002, pag.
139.
P.S. 2: Nel 1984 Tarkovskij ruppe
definitivamente i rapporti con lo stato sovietico, chiedendo asilo politico, e
trasferendosi, in Italia.
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