Jackie - Recensione
E’ il 22 novembre
1963, e un tailleur rosa firmato Chanel viene sporcato di sangue nell’attentato
più famoso della storia americana. La first lady Jackie Kennedy (Natalie Portman) si ritroverà schiacciata tra pressioni pubbliche e private che
minacciano di oscurare l’immagine di suo marito. Questa gracile donna sarà però
protagonista di una repentina mutazione, una risoluta transizione da oggetto a
soggetto che la trasformerà nell’icona che tutti conosciamo. Il regista cileno Pablo Larraín adotta uno sguardo oggettivo raffigurato da impeccabili
inquadrature simmetriche che mettono in scena la consapevole finzione del
potere politico e mediatico, uniti verso una perfetta prospettiva convergente. A
incorniciare il dipanarsi della trama, il classico espediente dell’intervista
che provoca un perpetuo via vai tra passato e presente. Dopo l’uccisione del
marito l’ex signora Kennedy è prontamente messa da parte, ma intuisce che esiste
un solo modo per non essere dimenticata, entrare nell’immaginario collettivo.
Sfruttando la sua naturale eleganza, Jackie rincorre dunque un afflato divino. Poco importa se viene subito allontanata dalla Casa Bianca per far posto al presidente lampo Johnson, nessuno si ricorderà della nuova first lady, ma solo di lei. Le suggestioni create dalle distorsioni musicali della concettuale soundtrack di Mica Levi alterano la percezione di un reale che si fa Storia. Va in scena la rappresentazione di un ideale mitologico (Camelot), che pesca a piene mani da un passato superiore (Lincoln) finanche leggendario (Re Artù). Si assiste così alla creazione di un mondo ipocrita costruito sull’apparenza, nel quale la verità diviene sensazione emotiva e di conseguenza assoluta. Un concetto politico modernissimo (post-verità), che Jackie riuscì ad anticipare, con l’uso strumentale di una mondiale copertura mediatica da lei stessa veicolata verso un unico obiettivo: la comunicazione di massa. Un’opera potente, monumentale e attualissima. VOTO 8,5 TRAILER
Sfruttando la sua naturale eleganza, Jackie rincorre dunque un afflato divino. Poco importa se viene subito allontanata dalla Casa Bianca per far posto al presidente lampo Johnson, nessuno si ricorderà della nuova first lady, ma solo di lei. Le suggestioni create dalle distorsioni musicali della concettuale soundtrack di Mica Levi alterano la percezione di un reale che si fa Storia. Va in scena la rappresentazione di un ideale mitologico (Camelot), che pesca a piene mani da un passato superiore (Lincoln) finanche leggendario (Re Artù). Si assiste così alla creazione di un mondo ipocrita costruito sull’apparenza, nel quale la verità diviene sensazione emotiva e di conseguenza assoluta. Un concetto politico modernissimo (post-verità), che Jackie riuscì ad anticipare, con l’uso strumentale di una mondiale copertura mediatica da lei stessa veicolata verso un unico obiettivo: la comunicazione di massa. Un’opera potente, monumentale e attualissima. VOTO 8,5 TRAILER
P.S. 1: Questo nuovo film dell’autore
cileno completa una possibile trilogia sul Potere: religioso (Il club), dell’Arte
(Neruda), politico (Jackie).
P.S. 2: La protagonista sostiene
anche un serrato faccia a faccia con la fede, impreziosito dall’ultimo ruolo
interpretato dal compianto John Hurt.
Scheda tecnica
titolo originale Jackie
genere drammatico, biografico
anno 2016
nazionalità Stati Uniti d'America, Cile, Francia
cast Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup
regia Pablo Larraín
durata 95'
sceneggiatura Noah Oppenheim
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