Gran Torino - Capolavoro
Clint
Eastwood, negli anni zero (2000-2009) ha diretto, e ci ha regalato, ben tre
capolavori, una media da record e da fuoriclasse: “Mystic
River” (2003), Million Dollar Baby (2004), e “Gran Torino” (2008). Sceglierne
uno da mettere in una classifica, significa fare un torto agli altri due, ma
c’è un però. Di questi grandissimi film, l’unico che non ha avuto i meritati
riconoscimenti (completamente ignorato agli Oscar!), è “Gran Torino”. La storia: Walter Kowalski (Eastwood) è
un anziano vedovo, burbero e misantropo, che vive a Detroit in un quartiere violento
e multietnico. Ex reduce della guerra in Corea (1950-53) ed ex operaio della Ford,
di cui possiede un modello Gran Torino del ’72, ha come unica compagnia il suo
cane. Odia però i vicini asiatici, con cui ha uno scontro d’ideali e
convinzioni, che lo porterà a confrontarsi con una nuova realtà, che è meno
diversa di quanto pensi.
Un’opera scandita da un’ironia beffarda, che la sua maschera da duro dai modi spicci, rende sublime, e da inquadrature semplici ma dense, talmente palpitanti passione e saggezza, da risultare quasi spirituali. Senza dubbio si tratta del suo testamento autoriale ed etico, un racconto morale, in cui spicca il valore più importante: quell’onestà, che Eastwood ha sempre avuto verso il suo pubblico. Un film potente e già classico, dalla struttura narrativa tanto lineare quanto stratificata nei significati, e dai temi alti: razzismo, religione, solitudine, e immancabile, il rapporto padre-figlio. Eastwood è ormai un’icona, un mito vivente, la memoria di un cinema che ormai non c’è più, ma che anche grazie a lui continueremo ad amare, con nostalgia, per sempre.
Un’opera scandita da un’ironia beffarda, che la sua maschera da duro dai modi spicci, rende sublime, e da inquadrature semplici ma dense, talmente palpitanti passione e saggezza, da risultare quasi spirituali. Senza dubbio si tratta del suo testamento autoriale ed etico, un racconto morale, in cui spicca il valore più importante: quell’onestà, che Eastwood ha sempre avuto verso il suo pubblico. Un film potente e già classico, dalla struttura narrativa tanto lineare quanto stratificata nei significati, e dai temi alti: razzismo, religione, solitudine, e immancabile, il rapporto padre-figlio. Eastwood è ormai un’icona, un mito vivente, la memoria di un cinema che ormai non c’è più, ma che anche grazie a lui continueremo ad amare, con nostalgia, per sempre.
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