Vice - Recensione

Dick Cheney nel 1963 è solo un operaio squattrinato arrestato per guida in stato di ebbrezza. Dal 2000, invece, è di fatto il “presidente ombra” degli Stati Uniti. Grazie a una re-interpretazione legale e personale della Costituzione Americana, acquisisce un potere esecutivo totale che gli permette di essere l’organizzatore delle peggiori guerre internazionali dell’epoca. Il regista Adam McKay, dopo il successo de La grande scommessa, ha ormai un tocco riconoscibile. Uno stile condito con qualche cameo, abbondanti dosi di sarcasmo e che sfida i convenzionali schemi di sceneggiatura. I titoli di coda diventano solo una messa in scena, complici e intrallazzi rimarranno per sempre senza volto e la quarta parete viene sfondata per ricordarci che quanto raccontato riguarda tutti noi. Interpretazione trasformista di Christian Bale, e nei panni della cinica moglie del protagonista, una Amy Adams spietata e abile nell’influenzare decisioni che cambiarono la Storia. Un revenge movie politico, che nel dispensare odio ricorre a ogni mezzo cinematografico, anche il più trito, come un’insistente voce off che si assicura di descriverci ogni malefatta di Cheney. Il solido equilibrio tra arte e informazione della precedente opera a tratti manca, e l’elenco infinito di cattive azioni commesse intristisce e tedia. Consiglio: meno enfasi. VOTO 6,5 

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