Roma - Recensione


Alfonso Cuaròn ci conduce attraverso un memoriale d’infanzia a Città del Messico nel 1970. A Roma, quartiere medio borghese della capitale, fotografato in un denso bianco e nero. Cleo, domestica indigena, passa le giornate a pulire e a crescere i figli di altri. Una protagonista ai margini della vita e dell’inquadratura. La ragazza vive in un microcosmo che ospita il riflesso di molteplici voli pindarici ingabbiati da geometrie emotive e panoramiche esistenziali. Fuori, invece, c’è la vita con tutta la sua brutale schiettezza, i suoi falsi miti, sociali e consumistici. La realtà oggettiva diviene percezione soggettiva, attraverso echi felliniani e suggestioni neorealiste, in un’opera totale. Cuaròn, infatti, è produttore, regista, sceneggiatore, fotografo e montatore! Come nel liquido incipit, tutto scorre, e il viaggio è solo un riflesso che annuncia cambiamenti. La dissoluzione della famiglia è incombente ma inevitabile. Il regista la rappresenta con piani sequenza che accentuano la scansione in profondità, segnati da un profondo senso di commozione. La vita famigliare si spezza, ma ricomincia, proprio tra i flutti irruenti di un’acqua che come in Gravity è nuovamente simbolo di rinascita. Uno stile di rappresentazione che raffigura quotidianità e intimismo, gravido di umanesimo. Le immagini si caricano di emozione e affettività, eppure, nonostante il film sia un album di ricordi molto personali, Cuaròn mantiene sempre la giusta distanza, senza mai inciampare in facili sentimentalismi. Un piccolo film che ha il potere d’instaurare un dialogo intimo con lo spettatore. Un incanto. VOTO 9



Regia: Alfonso Cuaròn
Cast: Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Nancy Garcia, Jorge Antonio, Veronica Garcia, Marco Graf, Daniela Demesa, Carlos Peralta, Diego Cortina Autrey
Genere: drammatico, colore
Durata: 135 minuti
Produzione: Messico 2018

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