Tokio Fist - CULT
Film giapponese del 1995, diretto dal
visionario regista Shinya Tsukamoto, che anticipa le tematiche di Fight Club
(1999): il dolore per combattere il caos di una società malata, gli essere
umani schiacciati dal sistema, l’accettazione della propria primordiale e
violenta natura. Storia: Tsuda è un
giovane agente assicuratore che incontra Kojima, un amico d’infanzia, ora boxer.
Quest’ultimo però s’insinua nella sua vita e ci prova con Hizuru, la fidanzata del
protagonista, scatenandone la gelosia. I due innamorati si lasciano, e
l’impiegato medita vendetta iscrivendosi a una palestra di pugilato per sfidare
il rivale in amore. Se il soggetto può sembrare basico, senza alcun dubbio, visivamente è un capolavoro: ogni
sequenza è una scheggia impazzita accompagnata da una camera scossa e da un
montaggio adrenalinico. Quello che sembra il più classico dei triangoli in
realtà nasconde l’abisso dell’alienazione.
L’essere umano è prigioniero della città e dei suoi
asfittici edifici, che sembrano le grigie sbarre di un gabbia. I corpi lottano
in un confronto impari con la metropoli, che gli impedisce di confrontarsi con
gli elementi della natura. I tre personaggi principali sono uniti in un
allucinante gioco sado-masochista, percorso da una sorta di volontà mutante,
nella quale affiora un inconscio istinto autodistruttivo. La mutazione è quindi
il tema centrale, intesa di vita, sessualità, carne, e impulsi repressi, ma anche
fusione di genere cinematografico. L’opera è infatti tutto e il suo contrario:
una black comedy action, ma anche esistenziale e surreale, che mischia con
disinvoltura avanguardia e psichiatria, tra suggestioni cyber-punk e gore-splatter
condite da abbondanti fiotti di sangue. Un film “disturbante” che non risparmia
niente, anche a rischio di essere ridondante, e di turbare la sensibilità dello
spettatore. Un cult totale e assoluto da
scoprire.
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