Non essere cattivo - Recensione
1995, Ostia. Vittorio e Cesare
sono due ventenni che vivono alla giornata spacciando droghe, ubriacandosi e
frequentando discoteche. Un senso di noia e inutilità però opprime soggetti e
ambienti, che sembrano correre a perdifiato verso un destino ostile e infame. Un’essenziale
ma accurata ricostruzione d’epoca, fotografa una realtà sociale deformata da
una modernità priva di qualità. La provincia è sempre meno proletaria, e si
scopre senza valori e con poca etica. La città si mangia la periferia con il
suo cinismo, non a caso nel film ci sono molti cantieri edili. Sfruttando una
location dagli echi pasoliniani, il regista realizza un’opera lontana da ogni
attuale tendenza visiva e testuale. Il suo è un paesaggio umano ripreso con
minacciosa vividezza, alla giusta distanza, si noti, infatti, come l’occhio
della cinepresa si allontana dai personaggi nel momento in cui sbandano.
Ottima anche la direzione d’attori:
su tutti spicca Alessandro Borghi, il suo sguardo magnetico buca lo schermo e la
sensibilità dello spettatore. Questa è
l’ultima opera di Claudio Caligari, scomparso purtroppo nel maggio scorso,
con lui viene a mancare un modo di fare cinema semplice ma attento al dettaglio,
autentico e per questo emozionante. Sia per la vicenda narrata che per quella
privata, la visione è dolorosa e nostalgica. Coraggiosa e giusta la decisione di scegliere questo film per rappresentare
l’Italia agli Oscar; non perdete dunque quest’ultimo esempio di cinema
autoriale, libero e italiano. Il fulcro del racconto, seppur in alcuni snodi
prevedibile, è la fratellanza che s’instaura in una grande amicizia, e nel rapporto
tra i due protagonisti. Ognuno di noi vi potrà riconoscere un amico che un
giorno sbagliato, gli anni o la vita si sono portati via. VOTO 7+ TRAILER
Scheda tecnica
titolo
originale
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Non essere
cattivo
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genere
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drammatico
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anno
|
2015
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nazionalità
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Italia
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cast
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Alessandro
Borghi, Luca Marinelli, Silvia D’Amico
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regia
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Claudio Caligari
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durata
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100'
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sceneggiatura
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Claudio Caligari,
Francesca Serafini, Giordano Meacci
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