Yves Saint Laurent - Recensione
Nel 1957, Yves
Saint Laurent (Pierre Niney), a soli 21 anni, prende il posto del defunto
Christian Dior, come direttore creativo dell’omonima maison d’alta moda. Il
favore del pubblico è immediato, ma Yves, non sentendosi libero di esprimere la
propria creatività, nel 1962, grazie al socio e compagno Pierre Bergé
(Guillaume Gallienne), debutta con il brand che porta il suo nome. Seguono
amori, gioie e dolori come nella più classica delle biografie, fino alla
scomparsa nel 2008. Bravi i due protagonisti, entrambi appartenenti alla Comédie-Française
(teatro francese di Stato); Niney ci mette un po’ per passare dalla maschera al
personaggio, mentre Gallienne, dopo l’ottima prova di Tutto Sua Madre, si conferma uno dei migliori attori d’oltralpe su piazza.
La regia dell’attore-regista Jalil Lespert si rivela piatta e di stampo televisivo, che sommata a una sceneggiatura affetta da un esasperato schematismo, non lascia scampo a un biopic dall’animo volubile, come il suo protagonista. Tutto rimane in superficie, l’emozione latita, la noia si affaccia. La colpa però più grave dell’opera, è di non rendere giustizia al contributo dello stilista nella storia della moda. L’arte di Saint Laurent viveva di eleganza e innovazione, due pregi che mancano al film. VOTO 5,5
La regia dell’attore-regista Jalil Lespert si rivela piatta e di stampo televisivo, che sommata a una sceneggiatura affetta da un esasperato schematismo, non lascia scampo a un biopic dall’animo volubile, come il suo protagonista. Tutto rimane in superficie, l’emozione latita, la noia si affaccia. La colpa però più grave dell’opera, è di non rendere giustizia al contributo dello stilista nella storia della moda. L’arte di Saint Laurent viveva di eleganza e innovazione, due pregi che mancano al film. VOTO 5,5
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