Le onde del destino - Capolavoro


Primi anni 70. In un paesino della Scozia bagnato dal mare del Nord vive Bess (Emily Watson) una ragazza psicologicamente fragile che trova nel dialogo con Dio le uniche certezze. Bess si sposa con Jan (Stellan Skarsgard), tecnico su una piattaforma petrolifera, ma purtroppo un incidente sul lavoro rende Jan paralizzato a letto; lui chiede a Bess di rifarsi una vita, iniziando da quella sessuale, ma la situazione degenera, con esiti imprevisti. Il film è diviso in 7 capitoli più un epilogo, introdotti da immagini di paesaggi pittorici e accompagnati da canzoni anni 70 (tra gli altri, Elton John, David Bowie, Bob Dylan). Il linguaggio cinematografico adottato dal regista danese Lars Von Trier reinventa e destruttura forma e immagine del melò classico, deformandone gli elementi: i fiammeggianti colori vengono desaturati da una fotografia sporca e sgranata, i climax bruscamente interrotti, cinepresa a spalla sovrana e fluttuante, primissimi piani impietosi e protagonisti trattati con una ferocia che solo il peggior e reale destino.
Un folle viaggio, senza freni inibitori, verso l’amore e la fede assoluti, che impone domande sulla carità umana, il sapersi donare e mette alla berlina le convenzioni sociali, l’ipocrisia borghese e il moralismo religioso: è forse per questi motivi che disturba molti? Non v’è dubbio che il film provochi visivamente ed emotivamente tutti gli spettatori, dividendoli in estasiati o irritati, di certo non indifferenti. Il segreto sta nell’abbandonare un approccio razionale alla visione e lasciarsi trascinare dalla potenza di un’opera che non accetta compromessi, come l’amore di Bess per Jan. Gran Premio della giuria al Festival di Cannes 1996.

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