Mistress America - Recensione




New York. La 18enne Tracy (Lola Kirke), studentessa stufa di un college in cui non si è mai integrata, viene spinta dalla noia a contattare Brooke (Greta Gerwig), vivace e iperattiva trentenne. I loro genitori divorziati stanno per sposarsi, e prima di diventare ufficialmente sorelle, vanno a zonzo per Times Square in cerca d’ispirazione e fortuna. Tracy sarà rapita dal modus vivendi di Brooke, un ciclone virulento il cui folle girovagare, e progettare ristoranti sui generis, nasconde però fragilità e fallimenti. Dialoghi frizzanti, circostanze paradossali e suggestioni anni’80, come nella colonna sonora o in certi tic alla Woody Allen; ma, a me ha ricordato più l’edonistica malinconia di John Hughes (Breakfast Club). Il regista Noah Baumbach e la sua compagna, musa, e attrice Greta Gerwig, formano ormai un team creativo affiatato e brillante, tuttavia, questo film si rivela un’opera minore rispetto ai precedenti “Frances Ha” e “Giovani si diventa”, che vi consiglio caldamente di recuperare.

La formula dello scontro generazionale inserito in una frivola contemporaneità, conquista a metà, perché si affida a un’esplicativa e ridondante voce off, e spesso smarrisce le coordinate narrative e il mood che, alla ricerca di una profondità perduta, nell’ultima parte passa da metropolitano a teatrale. Un farraginoso cinismo che finisce per tifare con disincanto per queste passionali perdenti, ma che tuttavia ci lascia con uno strisciante senso d’inquietudine.  Vien voglia di farsi una riflessione sul superficiale carrierismo di una vita moderna sempre più vuota di riferimenti ed economicamente incerta, che spesso aggrediamo con dissennata irrequietezza per non rimarne schiacciati. VOTO 6+ TRAILER

Scheda tecnica

titolo originale
Mistress America
genere
commedia
anno
2015
nazionalità
Stati Uniti d'America
cast
Greta Gerwig, Lola Kirke, Heather Lind
regia
Noah Baumbach
durata
84'
sceneggiatura
Noah Baumbach, Greta Gerwig

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