Il cigno nero - Recensione
Una sceneggiatura scontata che non risparmia nessuno dei luoghi comuni del genere: la danzatrice classica che aspira al ruolo da protagonista, una madre ex-etoile che riversa su di lei le frustrazioni di una carriera fallita, l’ex-prima ballerina in declino, l’amore con il coreografo, la rivale più bella, il riscatto finale. Non aiutano nemmeno le debordanti ambizioni filosofiche del regista, che uniscono materiale di cattivo gusto: gratuite scene lesbo, effettacci horror, scontati simbolismi con inattesi sprazzi di vero cinema: Aronofski muove con grande maestria la mdp a spalla, catturando tutta l’emotività della mirabile interpretazione di Natalie Portman, e il finale, in crescendo, non lascia certo indifferenti. Un’opera che mischia con troppa disinvoltura melò, thriller, musical, horror, e che lascia lo spettatore con troppi dubbi: è una potente riflessione sulla mutazione dell’identità nella società moderna o un eccessivo e pretenzioso saggio? Innovativo cinema d’autore o clamorosa bufala? Cult o trash? VOTO 6+
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