Hugo Cabret - Recensione
Martin Scorsese si conferma maestro, capace ancora di sorprendere, con questa favola per cinefili, densa di citazioni, che diventa profonda metafora e poetica riflessione sulle relazioni tra uomo-macchina-cinema-sogno-vita. Negli ingranaggi di un mondo-macchina, un bimbo dickensiano cerca di far funzionare un automa, ma solo una chiave a forma di cuore…potrà riuscirci, e solo un regista con la sua cinepresa può tracciare con le immagini, le linee dei sogni e creare la magia. Una proiezione, non solo filmica, della "fabbrica dei sogni", che “usa” la macchina da presa per un omaggio a storia e tecnica della settima arte, quella passata, con dissolvenze e piani sequenza, e quella futura, con carrellate in CGI e un 3D meraviglioso. Magnifica la scenografia di Ferretti/Lo Schiavo, che enfatizza le soavi geometrie di Parigi e stupisce per la cura dei dettagli, con la stazione ferroviaria. A volte gli slanci affettivi di Scorsese hanno il sopravvento e la “citazione emotiva” rub