Inception - Recensione

Ritorna Christopher Nolan, il regista capace di far convivere, con ambigua visionarietà, spettacolo e intelligenza, tecnica e arte, con un’opera personale e complessa, da lui solo scritta e pensata. Come tutte le vere opere degne d’attenzione, fa discutere dividendo il pubblico tra detrattori e sostenitori; i primi si limiteranno alla trama: una spy story con un protagonista in fuga dai propri fantasmi, che di lavoro esplora/manipola i sogni altrui, o lo liquideranno come un freddo ingranaggio definendolo un “Matrix diretto da Kubrick, con poco CGI” (leggi effetti speciali); i secondi (a cui appartengo) vi consiglieranno la visione. Come in “Memento” una narrazione frammentaria e non cronologica, affascina e intriga, causando la perdita di orientamento dello spettatore, costretto a una visione “attiva”; se infatti, di solito, nei film sui sogni, i livelli in cui si muovono i protagonisti sono 2 (realtà e finzione), Nolan ne usa ben 5, introducendo anche due nuovi elementi: il sogno è influenzabile dall'esterno e si può condividere. Un blockbuster con innesto di creatività autoriale, un puzzle visionario su una struttura narrativa stratificata che frammenta gli eventi, complice un montaggio a incastro, e a una regia, fragorosa ma impeccabile, che con rigore impone forma, sostanza e coerenza sia ai cerchi concentrici del subconscio, variabili instabili imprigionate nei sogni, che ai ritmi dell’azione. Un cinema moderno e futurista, che come il grande cinema del passato, porta con sé stupore e meraviglia. VOTO 8

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