La promessa dell'assasino - Recensione

Dopo "A history of violence", Cronenberg torna a parlare di violenza, con un thriller dalle pennellate noir ambientato a Londra. Il film racconta la storia dell’ostetrica Anna (Naomi Watts) che si trova, a causa di un parto scomodo, in una storia pericolosa in cui dovrà vedersela con la violenta mafia russa. Se il racconto può sembrare di genere, a scanso d’equivoci c’è subito da dire che il film viaggia su due livelli, uno superficiale con intreccio classico su regole da  gangster movie e uno sotterraneo in cui il regista porta avanti i temi del suo percorso autoriale con una coerenza da applauso, certo in maniera meno ossessiva e più asciutta rispetto al passato, ma non per questo meno incisiva. Come d’abitudine Cronenberg filma in maniera chirurgica corpo e carne, segnati dalla violenza e dal passato, di cui in questo caso i tatuaggi sono il viatico. Gli snodi della storia portano con se toni da tragedia e dilemmi morali, in cui i killer devono fare i conti anche con la loro violenza. Il film si avvale delle interpretazioni di un Mortensen straordinario la cui taciturna espressività vale più di cento parole, e su un bravo e diabolico Armin Mueller-Stahl; più sottotono la Watts e spesso sopra le righe Vincent Cassell. Ancora una volta il regista mostra il male e le sue mille facce, con una maestria che ci regala scene cult come quella della sauna, che entra inesorabile nelle viscere dello spettatore e di diritto nella storia del cinema. VOTO 7/8

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