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Visualizzazione dei post da gennaio, 2008

Into the wild - Recensione

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A 22 anni, Christopher McCandless (interpretato da un bravo Emile Hirsch), decide di abbandonare famiglia e sicurezze materiali per intraprendere un viaggio solitario nella selvaggia America, alla ricerca di se stesso e con un’unica meta fisica, l’Alaska. Sean Penn dirige questo splendido film con il cuore, e si capisce subito come sia stato colpito nel profondo dal personaggio e dalle sue motivazioni. Per raccontare la complessa miscela di tematiche affrontate, il regista adotta uno stile che riprende e ripesca a piene mani dall’immaginario americano: l’autostop, gli hippie, la vita on   the road alla Kerouac e la splendida ma crudele natura, in cui Christopher troverà il suo tragico destino. A fare da contrasto agli enormi spazi, il vuoto affettivo del protagonista, che Penn riprende anche nelle sue contraddizioni idealiste, nello sfrenato individualismo e negli eccessi di arroganza. Non a caso le persone che incontra nel suo vagabondare: gli hippie, una ragazza che si innamora di

4 mesi, 3 settimane, 2 giorni - Recensione

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Una giornata all’inferno e ritorno per due studentesse universitarie rumene. Nel 1987 in pieno regime Ceausescu, Otilia e Gabjta, affitano una stanza d’albergo, scopriremo però strada facendo che l’azione nasconde il dramma di un aborto, proibito dalla legge, pena il carcere. Il regista, macchina a spalla, insegue le sue protagoniste riuscendo a catturarne benissimo gli stati d’animo, costruendo un ritmo e una tensione, claustrofobica e angosciante, da thriller. Ne esce la foto impietosa e la condanna per una società disumanizzante, ottusa e meschina, come nel piano sequenza d’antologia dell’ assurda cena a casa del fidanzato, in cui la coscienza di Otilia, che è quella universale, soffoca nell’indifferenza e nel qualunquismo di un paese reso cieco dal buio della tirannia, che avvolge, anche la protagonista, nel drammatico peregrinare per liberarsi del feto. Cristian Mungiu, adottando uno stile simile ai Dardenne, che insieme a lui pescano a piene mani dal nostro neorealismo, riesc

Io sono leggenda - Recensione

Siamo nel 2012 in una New York ormai “vera” giungla d’asfalto, un virus ha annientato la razza umana trasformandola in vampiri/zombie, unico sopravvissuto è Robert Neville (Will Smith), che combatte la solitudine con la compagnia del suo cane e nella disperata ricerca di un antidoto. Tratto dal bellissimo romanzo del 1954, scritto da Richard Matheson, un libro di cui consiglio la lettura e che avvince e appassiona dall’inizio alla fine, a differenza del film.   Non è certo facile costruire una storia su un solo personaggio, il regista Francis Lawrence lo fa aiutato dal divo più potente di Hollywood, da una scenografia incredibilmente realistica e da effetti speciali (finalmente) dosati con parsimonia, intrattenendo in maniera intelligente per tutta la prima parte del film e creando un crescente clima d’angoscia e tensione che riesce nel difficile doppio intento di stupire ed emozionare. Per quasi un’ora, il solido equilibrio tra forma e sostanza regge, illudendoci che un blockbuster p

Lussuria - Recensione

Ancora una volta Ang Lee torna con una storia di forti sentimenti, e come nei suoi precedenti film il protagonista assoluto è il conflitto tra ragione e sentimento, qui ambientato in Cina, nella Shangai anni 40, occupata dai giapponesi. Se si supera la troppo lunga e fredda parte iniziale, in cui l’inesperta Resistenza cinese e le interminabili partite a Mahjong, riescono a sfinire anche la pazienza dello spettatore più cinefilo, si giunge al cuore del film, la parte più emozionante. Aiutato da due attori straordinari, la cine-icona Tony Leung e la debuttante Tang Wei, il regista mette in scena una partita a due, in cui i ruoli di preda e cacciatore si scambiano di continuo, ma i protagonisti scopriranno loro malgrado che giocare con la passione può essere molto pericoloso. Senza censure le scene di sesso, cariche di violenza e passione, in cui posizioni ginniche e incastri inguinali, fondono i corpi in un quadro di carne, a cui il regista riserva inquadrature strette mantenendo però